Le donne valorose, Lee Miller



Smessi i panni queruli e stucchevolmente petulanti dellintrattenitrice televisiva, Serena Dandini da alle stampe un ennesimo volume dando in tal modo seguito al proprio personale percorso di approfondimento di figure femminili e che fa seguito a Il catalogo delle donne valorose” (“… le vite di trentaquattro donne, intraprendenti, controcorrente, spesso perseguitate, a volte incomprese ma forti e generose, sempre pronte a lottare per raggiungere traguardi che sembravano inarrivabili…”) e Ferite a morte” (che “… nasce dal desiderio di raccontare le vittime di femminicidio. Sono mogli, ex mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex fidanzate che non sono state ai patti, che sono uscite dal solco delle regole assegnate dalla società, e che hanno pagato con la vita questa disubbidienza …”).

Questa volta la protagonista di questo
La vasca del Fuhrer” è una sola donna, Lee Miller, figura carismatica e unica nel panorama della cultura della prima metà del secolo scorso seguita dai suoi primi anni quando, considerata una delle ragazze più belle del suo tempo, fu modella per le maison e le riviste (Vogue e VanityFair) più prestigiose e per i fotografi più famosi (Horst P.Horst, Cecil Beaton, George Hoyningen-Huene e ManRay, di cui sarà assistente amante e musa, tra gli altri) e poi fotografa per le stesse riviste che continueranno a desiderarla anche come protagonista in passerella nonché, alla ricerca continua dell’affermazione della propria identità intellettuale ed artistica, ma più ancora femminile in un mondo che alle donne, spesso, riservava ruoli subalterni, reporter di guerra, la prima donna a seguire sul campo l’avanzata delle truppe alleate negli ex domini della Germania hitleriana insieme alla già affermata ed altrettanto provocatoria Margaret Bourke-White.

Il libro, bellissimo (termine che rimane fine a se stesso se non focalizzandone l’accezione semantica nella rigorosità della ricostruzione storica, artistica ed ambientale del periodo) tanto vale dirlo subito (anche se permeato da irritanti cadute di stile così autoreferenzialmente arroganti almeno nei momenti, non rari purtroppo, in cui l’autrice apparenta proprie esperienze di vita vissuta a quelle della protagonista: francamente, a chi può interessare cosa la Dandini fumi o con quale fidanzato dell’epoca è andata ad Amsterdam o …), prende spunto dalla foto più iconica della stessa Miller ritratta dallaltrettanto celebrato fotoreporter David Sherman in cui spunta da una vasca da bagno, la vasca da bagno privata del suo piccolo appartamento di Monaco di Baviera di Adolf Hitler, gli scarponi infangati dalla melma del mattatoio impensabile di Dachau, distante solo pochi chilometri, ad inzaccherare le bianche piastrelle di una salle de bain risolutamente piccolo borghese ed assai poco consona all’immagine pubblica di chi la abitava.

Da lì parte, da questo istante così catartico per la vita e l’arte della protagonista, il libro per raccontarci, con un non banale e felice intrecciarsi di diversi piani temporali, la vita e le avventure di questa donna/ragazza che traverserà il periodo forse più fulgido della cultura mondiale in compagnia di Picasso e Dora Maar, Dalì e Mirò, Andrè Breton e Magritte, Max Ernst e Leonora C
arrington, Jean Cocteau e Robert Penrose che ne diventerà l’invidiatissimo ultimo marito ma che ne vivrà in prima persona anche gli orrori e la fatidica dissoluzione.
 
Per finire, una curiosità; nel giugno 2019 si tenne a Bologna, nelle sale di palazzo Pallavicini in San Felice, una esaustiva mostra su, appunto, Lee Miller. Chi volesse riviverla nell’articolo apparso per l’occasione sul sito de Il ìTiro Magazine, può consultarlo qui

Stefano Righini

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