Eroi, nani e ballerine

 


Premessa: Come ormai è stato detto e ribadito in tutte le salse, non c’è dubbio che il nascente Governo Draghi derivi in primo luogo dall’incapacità delle forze politiche presenti in Parlamento di riuscire a garantire un esecutivo stabile alla guida del Paese in un momento delicatissimo, tra gestione della crisi sanitaria e la necessità di investire al meglio le risorse del Next Generation UE in modo da rilanciare l’economia nazionale. Su queste due priorità c’è da augurarsi davvero per il bene di tutti che il Governo Draghi non fallisca.

Al netto di questa doverosa premessa, lo “spettacolo a cui abbiamo assistito” nelle ultime due settimane è stato piuttosto deprimente ed un capitolo specifico credo debba essere riservato alla categoria dei giornalisti: da quando ha ricevuto l’incarico, Draghi non ha ancora ufficialmente parlato e nonostante questo, loro sono lì, imperterriti a fare congetture, maratone, illustrare fantomatici scoop, intervistare qualsiasi cosa si muova nei pressi di Montecitorio cercando di non annegare nelle loro stesse parole.

La mancanza di loquacità del nuovo eroe nazionale li ha evidentemente spiazzati e sebbene tutti si affrettino a spiegare quanto sia bello avere un Primo Ministro senza social né “Whatsapp” è palese l’imbarazzo e la difficoltà nel cercare di raccontare l’attualità senza poter fare affidamento nei post, nei tweet o nella polemica del giorno a suon di comunicati stampa.

Ancor più esilarante - e indicativo dello stato dell’informazione nostrana - è lo sforzo protratto nella strenua ricerca di accreditarsi presso "il nuovo capo" e di condizionare l’opinione pubblica attraverso racconti mitologici e leggendari su “Super Mario”.

Così mentre tutti sono in attesa della sua prima dichiarazione, su Repubblica è possibile leggere un fantastico racconto di un’imprenditrice di Melfi che una volta ha fatto un viaggio in economy con Mario Draghi,  o dei racconti dei suoi compagni di scuola che ovviamente lo descrivono come un ragazzo brillante e vivace o ancora delle sue vacanze nelle masserie pugliesi passate da bravissimo e composto turista. Sulla Gazzetta dello Sport è possibile leggere le mirabolanti gesta sportive del giovane Draghi, che ha corso per be 4 volte la mezza-maratona Roma-Ostia, mentre  sul Corriere i più fortunati si saranno imbattuti nella spiegazione di come il Nostro stia conquistando i giovani senza neanche usare i social (e figuriamoci quando inizierà a parlare!).

Sono gli stessi quotidiani che esaltavano le gesta del primo e del secondo Governo Conte quanto partirono, raccontandoci le imprese dell’avvocato del popolo (chi si ricorda oggi gli editoriali trionfali sulla seduta parlamentare in cui Conte attaccò Salvini?) e che oggi fanno quasi fatica a ricordarsi chi sia.

Emblematica l’ultima puntata della rubrica “Dataroom” di Milena Gabanelli in cui seguendo il parallelo Recovery Plan – Piano Marshall si fa una ricostruzione e descrizione di quest’ultimo (ovviamente di approfondimenti sui contenuti del Recovery neanche a parlarle, e chi se lo legge?) chiudendo con l’elenco di alcuni dei protagonisti politici della fine degli anni 40 e l’immancabile battuta sulla differenza tra la qualità della classe politica del dopo-guerra e quella attuale. Rigore a porta vuota. Mentana esulta e ribadisce in rete evidenziando la chiusura della collega. La prossima volta – visto che piacciono tanto – si potrebbe fare anche un elenco dei principali giornalisti, intellettuali e imprenditori del secondo dopo-guerra. Così, per completezza di informazione e di confronto.

Perché è evidente – anche se non si dice - che il fallimento e l’incapacità di visione non sono ascrivibili alla sola classe politica ma andrebbero estesi alla classe dirigente “diffusa” del nostro Paese.

Un Paese che denuncia da anni l’incapacità della propria classe politica ma che non fa nulla per migliorarla e che anzi sostiene convintamente la demolizione di tutte le azioni e di tutti gli strumenti che potrebbero farlo.  Come dovrebbe nascere una nuova e migliore classe dirigente senza investimenti sulla cultura, sulla ricerca e sulla formazione? Senza Partiti strutturati in grado di rappresentare un progetto collettivo di futuro? Con un’informazione sempre più controllata da pochi centri di potere?

Un Paese che ancora una volta – pur di non affrontare la realtà – preferisce puntare tutto su un nuovo “eroe”, che riscriverà il Recovery Plan in 3 giorni, troverà la sintesi politica tra forze in antitesi, farà le riforme che aspettiamo da 30 anni, rilancerà il Paese in un nuovo boom economico, trascinerà l’Italia fuori dalla pandemia, rafforzerà le istituzioni democratiche e una volta finito – fra un anno, massimo uno e mezzo - prenderà il posto di Mattarella a garanzia dello Stato.

“Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi" scriveva Brecht ne “La vita di Galileo”. Siamo ancora lì. Siamo sempre lì.


Alessio Vaccaro

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