Uomo dei 3 mondi

Nel mondo del calcio ci sono tanti fuoriclasse di ogni genere e specie, e ogni volta che ammiri le loro giocate ricche di estro e di sfrenata fantasia, ti rendi davvero conto che il paragone tra artista e fuoriclasse e il conseguente accostamento del calcio all’arte non è poi così azzardato.

Ma come ho detto i fuoriclasse non sono tutti uguali, nascono tutti con incredibili doti naturali, ma con il passare del tempo ognuno intraprende la sua strada di crescita: c’è il fuoriclasse a cui piace stare costantemente sotto i riflettori, in grandi club fino a fine carriera, percependo stipendi paranormali e cercando a tutti i costi di infrangere ogni tipo di record possibile, per entrare nella storia; c’è poi un altro tipo di fuoriclasse, quello più puro, al quale però la luce dei riflettori e dei grandi palcoscenici non porta tanti stimoli quanti ne può portare una fascia da capitano in una squadra provinciale, in cui ogni giorno vivi da protagonista, diventando con le tue giocate idolo della folla.

Ed è qui che troviamo un giocatore, un artista, che lontano dai riflettori ci ha vissuto una vita e si è distinto per le sue innate qualità tecniche dentro al campo e per la sua veracità e capacità di non avere nessun atteggiamento scontato fuori, cosa che non gli ha risparmiato anche qualche pena da scontare.

Chiamato ‘’Alino’’ dai tifosi della sua città natale, Prato, Diamanti è genio e sregolatezza, talento e originalità abbinate alla discontinuità, perché come ogni artista che si rispetti ha i suoi momenti di luce e di ombra.

Calcisticamente sboccia nella sua città, per poi raggiungere la serie A con il Livorno fino ad arrivare ai grandi palcoscenici internazionali, la premier League a Londra, con il West Ham, dove viene allenato da un altro fuoriclasse, Gianfranco Zola, che lo ha voluto fortemente oltremanica.

Sui grandi palcoscenici Alino ci può stare: prima stagione, 28 presenze e 7 reti, una in particolare su punizione contro il Birmingham, che fa impazzire Upton Park.

Tuttavia, Diamanti torna sulla penisola, a sua detta non senza qualche rimpianto, per vestire prima la maglia del Brescia e poi del Bologna, altra squadra di provincia, altri capolavori che lo portano alla convocazione a euro 2012. Subentra nei minuti finali dei quarti di finale contro l’Inghilterra e dopo il risultato a reti bianche si decide tutto dagli 11 metri.

Nei momenti decisivi, quelli in cui bisogna lasciare il segno, è qui che i fuoriclasse hanno una marcia in più, ed è qui che il ragazzo di provincia si è caricato il paese sulle spalle, segnando a Joe Hart il rigore decisivo, regalandoci così la semifinale. Nel frattempo, a Bologna si consacra e, con la fascia al braccio, l’artista si conquista la folla, diventando idolo dei bolognesi.

Nel 2015 il ragazzo di Prato, oramai uomo, intraprende il secondo grande viaggio della sua vita, altro paese, altro continente, la Cina e il Guanghzou, allenata dall’altro toscano, Marcello Lippi.

Qui luci e ombre, gol abbinati a diti medi rivolti ai compagni, elogi e punizioni, il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Dopo il periodo cinese qualche anno di silenzio, di stallo. Gli anni passano e l’età cresce, e il periodo buio di alino lo porta ad esporsi alle critiche della stampa con l’appellativo di ‘’giocatore finito’’.

Poi, all’improvviso, in un momento di smarrimento il fuoriclasse torna dove tutto è iniziato, a Livorno.

Alino rinasce, 35 anni, ma la benzina al posto del sangue lo spingono a ritornare in scena da protagonista, piazza piccola , immane entusiasmo, gli ingredienti perfetti per tornare grande. 32 partite, 10 reti, il Livorno partito sfavorito raggiunge grazie al ‘’giocatore finito’’ la salvezza diretta in serie B.

Fine carriera direte voi, invece no, la sregolatezza che è in lui lo porta ad intraprendere il terzo viaggio della sua vita, alla volta di un terzo continente, no, non l’America come tutti, ma l’Oceania, nel Western United, società per di più appena fondata; una pazzia degna del personaggio.

Eppure, a 37 anni l’estro che è in lui continua a straboccare attraverso quel sinistro che nel calcio moderno è difficile trovare. 

Di recente, al termine della sua prima stagione in Australia ha trascinato il club dei sobborghi di Melbourne alla semifinale scudetto e proprio nella terra dei canguri e delle immense distanze è entrato nella storia, venendo nominato ‘’miglior giocatore del campionato’’, primo italiano ad ottenere il premio, nemmeno Del Piero ci riuscì. 

In qualche riga la vita di un personaggio di culto, che ai giorni nostri si fa fatica a trovare, per le qualità tecniche ma soprattutto per la personalità fuori dal campo, no maschere e grande originalità.

E poi bo…


Giuseppe Aiello





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