No questi parcheggi non sono democratici


Parcheggio, parcheggio delle mie brame qual è il più bello del reame?  Difficile a dirsi. L’importante è che sia utile e funzionale. E invece accade che molti parcheggi siano più un problema che una soluzione. Nnamo bbène. Quelli all’aperto con strisce blu sono di vario tipo e di differente comodità.





Nessuno mi ha ancora spiegato come mai ci sono parcheggi gratuiti e abbondanti attorno ad un cinema multisala o ad un ipermercato mentre attorno ad un ospedale i parcheggi anche se apparentemente estesi sono sempre insufficienti per la domanda. E scomodi.





Aiutiamo a parcheggiare chi va a divertirsi o a spendere per comprare l’ultimo aggeggio elettronico mentre mettiamo ostacoli e diamo ansia a chi deve andare a fare una visita, chi deve andare a fare un esame diagnostico, a chi deve correre per una urgenza sanitaria. Il nostro sistema di parcheggi aiuta la ridondanza, il divertimento e in consumismo, non aiuta il bisogno, non allevia la sofferenza. Un bel sistema.





Attorno a certi ospedali molto spesso non trovi un posto che è uno nelle ore di massima concentrazione delle attività sanitarie, a Mantova come a Firenze, a Verona come a Genova. Salvo che paghi, a volte salato. Al “Bellaria” di Bologna ci sono le sbarre a telecamera con lettura della targa e ovviamente non si scappa. Non si paga molto, tariffa ragionevole, e trovi quasi sempre un posto.





Poi ci sono i parcheggi coperti costruiti negli ultimi decenni secondo le esigenze che nel tempo sono cambiate. I parcheggi multipiano con le rampe degli anni Settanta Ottanta mostrano tutta la loro età. Curve da tornante del Pordoi, fasce strette, segnaletica approssimativa. Con la tecnologia avanzata che abbiamo nel 2020 non si capisce come mai  molti parcheggi multipiano, anche in concessione, non abbiano ancora la segnalazione istantanea dei posti liberi, l’avviso istantaneo di posti esauriti, il telepass generalizzato.





Dai, davvero: come si fa nel 2020 a vantare come un accessorio da top vip il telepass? Il telepass dovrebbe essere uno strumento comune, scontato, nemmeno da pubblicizzare. Come l’aria che respiriamo.  Ah già non è un bell’esempio.  Anche l’aria che respiriamo non è scontata, anzi è viziata.  Eccome se è viziata. E’ talmente viziata che in molte parti è pure avvelenata. 





Parcheggio, parcheggio delle mie brame quanto ancora devi fare per diventare il più bel parcheggio del reame? Nella celebrata e mitteleuropeissima Merano il parcheggio sotterraneo del Teatro mi indicava posti disponibili: accedo con fiducia teutonica, prendo il biglietto, comincio a girare e scopro nel giro di due tour  che non c’è un posto libero. Non è bello. Problema tecnologico o errore umano? Perché mi fai entrare in un parcheggio se non c’è il posto che mi hai promesso?  Mah, vai a capire.





Esperienze solitamente positive invece nel lungo parcheggio fiorentino di Porta Romana, disteso sotto le mura: ti consente un “accesso laterale” diffuso  al centro storico di Firenze e ti fa pure camminare il giusto.  Sembra quasi studiato.





L’altra sera all’ingresso di un parcheggio di Bologna, che avevo scelto perché ci puoi andare col telepass,  leggo il cartello: il telepass non funziona.  Vabbeh, ce ne faremo una ragione. Prendo il ticket e vado alla riunione in centro. Torno e vado a pagare. Una cassa automatica è libera, nell’altra c’è una mini coda. Per forza quella libera risputa il biglietto senza dar modo di pagare. Allora ovviamente faccio la coda in quella che funziona.  





Finalmente pago e vado a prendere l’auto. Tornanti da Raticosa,  arrivo ad una delle due sbarre di uscita tento di inserire il ticket ma la fessura non accetta. La fessura fa zzzz. Ritento, non accetta. Allora retromarcia, con ineluttabile rischio connesso, e imbocco l’altra uscita a sbarra, stavolta la fessura gialla accetta il ticket. Mi sento liberato. Il tutto alla modica cifra di 7 euro e 20 per dure ore, e rotti,  di sosta. Mica male come servizio. Chi controlla il servizio parcheggi?  


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