Intervista a Rita Ghedini, Presidente Legacoop






I
principi cardini di Legacoop sono la mutualità, la solidarietà e la democrazia.
Per la nostra società, dove ad oggi scarseggiano questi valori, la vostra
associazione potrebbe essere considerata come un modello a cui ispirarsi? 





I
principi di Legacoop sono i principi iscritti nella Carta Costituente della
Cooperazione. Sono ispirati alla Carta dei Valori dell’Organizzazione Nazionale
delle Cooperative dell’ICA che si rifà a sua volta ai principi fondativi della
cooperazione ai così detti sette principi dei pionieri di Rochdale che sono per
l’appunto la partecipazione libera e volontaria, la responsabilità dei soci,
l’impegno economico e cooperativo, la democrazia interna, l’educazione
cooperativa e la trasmissione del patrimonio materiale prodotto dal lavoro dei
soci cooperatori e culturali alle generazioni successive. In questo senso non
Lega Coop ma la cooperazione tutta è un modello. Lo è nelle forme ovvero nei
principi e lo è nella sostanza quando riesce con la propria azione ad essere
coerente con essi. E’ ovvio che in una fase in cui all’interno della vita
democratica e civile si discute del valore dell’inclusione, del valore della
solidarietà tra i diversi soggetti che compongono la società complessivamente
intesa contesto per contesto tra cui la solidarietà tra generazioni e
aggiungerei la solidarietà tra i generi, la pratica di azioni imprenditoriali,
perché noi siamo un’organizzazione di impresa coerenti con questi valori,
richiede un impegno costante e coerente molto forte.





C’è un
comitato etico che vigila l’applicazione di questi principi?





Sì. Sia
a livello nazionale che territoriale Legacoop è un’organizzazione di
rappresentanza sul territorio per specificità settoriali, sempre meno
specifiche sempre più trasversali. Sia Legacoop nazionale che Legacoop Bologna
sono dotate di un codice etico, che declina in qualche modo le buone pratiche
per garantire che l’azione associativa sia coerente con i principi associativi,
e di un comitato etico che è chiamato a vigilare sulla coerenza dei
comportamenti dell’associazione e delle cooperative con i valori, i principi e
le pratiche contenute nel codice etico.





Coerentemente
a questi vostri valori è importante l’impegno che avete profuso sul tema della
sostenibilità. Che evoluzione c’è stata in questa direzione?





In questo caso parlo di Legacoop Bologna perché penso che quello sulla sostenibilità sia un percorso che ci distingua all’interno del mondo cooperativo. Legacoop nazionale insieme all’Alleanza delle Cooperative Italiane ha aderito nel 2016 alla Carta di Milano che è un documento attraverso il quale le organizzazioni imprenditoriali si impegnano a promuovere l’adesione delle proprie associate, quindi in questo caso le cooperative, agli obiettivi contenuti nell’Agenda ONU per il 2030 per lo sviluppo sostenibile. Come Legacoop Bologna abbiamo iniziato quasi due anni fa un percorso con le nostre aderenti, un percorso molto articolato e di realizzazione molto complessa per passare dalle dichiarazioni ai fatti raccogliendo la volontà e l’intenzione di alcune delle nostre cooperative che avevano già avviato una conversione della loro pratica produttiva verso gli obiettivi della sostenibilità. Abbiamo iniziato a mappare il posizionamento dei nostri aderenti rispetto a questi obiettivi e abbiamo fatto con loro e con il territorio, inteso come istituzioni, organizzazioni sindacali, organizzazioni della rappresentanza civile, un percorso di confronto e animazione territoriale avente due obiettivi: mappare il posizionamento della strategia e dei risultati concreti delle nostre imprese rispetto agli obiettivi dell’Agenda per indicare insieme a loro degli obiettivi evolutivi, un percorso di upgrade, da condividere insieme al resto della comunità territoriale con la possibilità di portare un contributo concreto di quegli obiettivi sul territorio della città metropolitana di Bologna; mettere in campo strategie condivise che consentano complessivamente all’economia e coerentemente alle relazioni sociali e alle scelte ambientali di questo territorio di progredire verso il raggiungimento di quegli obiettivi. Abbiamo cominciato la prima ricognizione alla fine del 2017 con una ventina di cooperative. Nel percorso che abbiamo fatto negli ultimi due anni siamo arrivati a coinvolgerne oltre 60. Direi che nella fase attuale complessivamente il bacino degli aderenti può considerarsi ingaggiato: attualmente stanno lavorando sugli obiettivi la maggioranza dei nostri aderenti, circa 100 sui 175 aderenti ad oggi





In che
percentuale hanno aderito?





Abbiamo
cominciato la prima ricognizione alla fine del 2017 con una ventina di
cooperative. Nel percorso che abbiamo fatto negli ultimi due anni siamo
arrivati a coinvolgerne oltre 60. Direi che nella fase attuale complessivamente
il bacino degli aderenti può considerarsi ingaggiato: attualmente stanno
lavorando sugli obiettivi la maggioranza dei nostri aderenti, circa 100 sui 175
aderenti ad oggi





Passiamo
al tema del Gender Gap. Quant’è presente?





Ci
piacerebbe che andasse meglio. Dipende però da che cosa indaghiamo. Dal punto
di vista dell’inclusione lavorativa delle donne siamo dei campioni. La
maggioranza degli occupati nelle imprese cooperative in questo territorio sono
donne. La nostra percentuale per quando riguarda le cooperative di Legacoop è
di circa il 63%. Dal punto di vista dell’inclusione lavorativa e della capacità
della cooperativa di offrire lavoro alle donne possiamo affermare che sono
realtà con la maggioranza di presenza femminile. Dal punto di vista del money
gap in termini di salario non esiste gender gap perché gli inquadramenti
contrattuali non prevedono differenziazioni. Le nostre aderenti applicano
puntualmente i contratti di settore. C’è invece un differenziale reddituale
legato al fatto che moltissime, la maggioranza delle donne occupate nelle
nostre cooperative, è inquadrata con contratti part time, più del 60% e non
sempre si tratta di part time volontari ma sono tali poiché legati alla natura
del servizio. I servizi di pulizia, di ristorazione, alcuni ambiti di servizi
alla persona, vedono un’alta concentrazione di lavoro in fasce orarie
ristrette. La combinazione di questi due elementi ovvero la maggioranza di
donne occupate e l’alta percentuale di part time, fa sì che se si mette a
confronto la media del reddito da lavoro, complessivamente inteso, il dato relativo
al reddito, per quanto riguarda le donne, è mediamente più basso. L’altro tema
è quello legato ai percorsi di carriera. Le carriere femminili si fermano
spesso, c’è un differenziale. Abbiamo una clessidra rovesciata tra l’entità
della partecipazione complessivamente intesa e la presenza delle donne nei
ruoli apicali. Sia in quelli dirigenziali sia in quelli di rappresentanza della
proprietà quindi parlo delle dirigenti e presidenti donne. Ci sono anche delle
differenze settoriali importanti. Questo problema non c’è ad esempio nella
cooperazione sociale per ragioni storiche e legate al contenuto dell’attività.
Man mano che ci si sposta verso ambiti commerciali invece si fa sempre più
presente. Nella cooperazione di consumo piuttosto che negli ambiti di assicurazione
e finanza, la presenza delle donne ha un gradiente calante.





State
promuovendo azioni per incentivare un cambiamento?





Da tre
mandati associativi, ovvero da 9 anni, abbiamo avviato una regolamentazione
interna che prevede la rappresentanza negli organi con le quote, nello
specifico che almeno il 30% sia di genere diverso.





Perché
non il 50%?





Perché
facciamo fatica ad arrivare al 30. Ci sono da combinare due elementi: il fatto
che negli organismi associativi debbano essere rappresentati i vertici
aziendali e la volontà di promuovere la partecipazione delle donne ai ruoli di
rappresentanza nell’organizzazione. Se non ci sono donne nei ruoli apicali
delle cooperative o se non ce ne sono in misura sufficiente si fa fatica a
raggiungere la percentuale. Negli organi di Legacoop Bologna siamo arrivati
intorno al 40%. La soglia minima, il 30, è il pavimento. Siamo arrivati ad
essere più vicini più al 40 che al 30. In presidenza siamo vicini al 50%. Siamo
quasi metà e metà, un pò meno. La presidenza è fatta da 15 persone.





Per
quanto riguarda questo lungo periodo di difficoltà economica, come stanno
reagendo le cooperative?





Abbiamo
un repertorio quinquennale. Tra l’ultima parte del 2016, tutto il 2017 e i
primi mesi del 2018 hanno visto effettivamente, con alcune eccezioni, dei segni
di ripresa. Noi facciamo una tabellina che usiamo due volte all’anno e in
questa fascia si era passati da molti semafori rossi e gialli a un numero
crescente di semafori verdi. La fine del 2018 e l’inizio del 2019 hanno segnato
una frenata abbastanza brusca. Abbiamo cominciato a raccogliere segnali di
gelata, di raffreddamento degli indicatori economici già nella tarda primavera
dell’inverno scorso. Abbiamo definito sostanzialmente la fine del 2018 e
l’inizio del 2019 come situazione di stallo con delle criticità. Questo al
netto di alcuni settori che sono stati praticamente spazzati via negli anni
della crisi come quello delle costruzioni che ha una contrazione non solo in
ambito cooperativo ma anche nazionale superiore al 70% e continua a marcare una
condizione di stallo, ripresa debole.





Quando
visita le imprese che atmosfera si respira?





Dipende
dal contesto e dal settore. Nel corso del 2018 abbiamo registrato molta
attenzione e fermento su tutti i processi d’innovazione tecnologica e in parte
anche sociale. Sempre l’anno scorso erano state prese alcune misure nella legge
di bilancio approvato nel 2017 per il 2018 quindi del governo precedente, tra
cui misure di sostegno alla ricerca e allo sviluppo, all’introduzione di
sistemi attinenti alla trasformazione dell’industria produttiva 4.0, al
sostegno degli investimenti importanti in ambito infrastrutturale e molte delle
nostre associate ne hanno fruito. Abbiamo inoltre monitorato l’accesso agli
incentivi fiscali contenuti nel programma nazionale industria 4.0: a febbraio
del 2018 solo l’8% delle nostre associate aveva fatto accesso agli strumenti, a
novembre erano il 44%. In questo senso il 2018 è stato un anno dinamico, di
investimento sul futuro. Ovviamente la situazione di stagnazione economica
aguzza l’ingegno. L’imprese sono tutte concentrate nel cercare sia metodologie
produttive sia ambiti di lavoro e di business innovativi. Nel 2019 una serie di
incentivi per lo sviluppo sono stati tolti ma adesso una parte di essi sono
stati recuperati nel decreto appena approvato. Vedremo che effetti avranno. Il
quadro del contesto dell’economia nazionale comunque è un quadro preoccupante:
le cooperative per loro natura sono presenti in tutti gli ambiti produttivi e
vedono una maggiore latenza nei processi di internazionalizzazione rispetto ad
altre forme di impresa, parlo dei lavori inerenti al servizio della persona ad
esempio. Sappiamo comunque che il PIL del nostro paese è stato sostenuto dalle
esportazioni. Chi esporta tira un pò di più. Chi fa riferimento a un mercato
nazionale o addirittura locale fa più fatica. I processi sono in corso e anche
i cambiamenti. Da un lato quindi c’è preoccupazione, dall’altro c’è fermento,
ricerca di stimoli, occasioni, strumenti per cambiare e rinnovare. Il tema è
quello dell’innovazione tenendo conto che, in termini di prospettiva a medio
termine, innovazione e sostenibilità sono due facce della stessa medaglia. Non
c’è innovazione che possa durare nel tempo senza considerare tutti gli aspetti
legati alla sostenibilità, non solo quella economica.





Che
futuro si immagina per Legacoop Bologna?





Stiamo
cercando di lavorare nella maniera più intensa possibile su tre assi: la
promozione di una nuova cooperazione ovvero tutto il discorso della diffusione
dei temi cooperativi tra le giovani generazioni per intercettarne i bisogni e
cercare di trasmettere quegli elementi di conoscenza per aiutare chi sta
cercando di costruire il proprio percorso di autonomia economica professionale,
di vita, a vedere nella cooperazione uno sbocco utile. Abbiamo investito molto
nella formazione all’auto imprenditorialità trasmettendo gli strumenti propri
della natura della struttura cooperativa. Non da soli ma in collaborazione con
le agenzie formative del territorio e quindi con le scuole, le università. E
questo è un filone di lavoro importante. L’altro filone di lavoro è quello di
accompagnamento delle nostre medie e medie/piccole cooperative ma anche di
integrazione delle cooperative in termini settoriali per accompagnarle ad
adottare strumenti di conoscenza che possano favorire l’innovazione
tecnologica. Su questo tema abbiamo fatto corsi di vari livelli: dalla messa a
disposizione di strumenti per l’autodiagnosi d’innovazione tecnologia dei
propri sistemi, fino ai Master universitari per dotare le cooperative delle
competenze professionali necessarie per attuare al proprio interno un’innovazione
tecnologica. Il terzo filone è quello relativo alla diffusione delle conoscenze
e competenze che servano ad adottare un modello di sviluppo sostenibile negli
ambiti produttivi in senso coerente con gli obiettivi di sostenibilità e anche
di individuare negli obiettivi di sostenibilità nuovi business e quindi nuove
aree di sviluppo.









Foto a cura di Tommaso Mitsuhiro Suzude.


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