“Mi hanno tolto l’apparecchio acustico e non sento quasi niente. Mi hanno tolto la dentiera, mi danno da mangiare dei frullati, e non sento quasi più nessun gusto. Ho le sponde al letto, mi fanno scendere qualche volta. Ma sai cosa faccio? Chiudo gli occhi e sogno”.
Voce da una casa di riposo. Una delle tante delle nostre parti o di altre parti, non importa. Ovviamente sarà tutto regolare e sarà tutto da protocollo ma se una signora di quasi cento anni ha ancora ragione e sentimento, parola e discernimento perché non darle le ore di relazione sociale?
Se la casa è di riposo deve essere anche “casa” e deve consentire il “risposo” dell’età maturata non il riposo forzato del giorno uguale all’altro, riposo è anche rapporto con sé stessi oltre che sonno, sicurezza e sopravvivenza. La casa di risposo non può e non deve essere solo sopravvivenza. A sé stessi e agli altri.
Ha ragione Papa Francesco: dobbiamo occuparci di più e meglio degli estremi della vita, all’inizio quando i neonati diventano bambini, quando i bambini diventano ragazzi e giovani e poi uomini, con una sistema di presenza prima ancora che assistenza. Presenza della società e dello Stato, presenza delle istituzioni pedagogiche ed economiche come quelle familiari e sociali. Dove sono i luoghi di aggregazione? Come sono diventati? Chi li ha in gestione e in cura?
Una volta questo Paese aveva un sistema di case per i giovani e case per gli anziani variamente distribuito e gestito da istituzioni diverse tra pubblico e pubbliche assistenze o privati generosi. Ora è diventato tutto economico. Le case per anziani erano spesso strutture lasciate da ricchi imprenditori o mecenati e agivano su base di accoglienza e di assistenza a livello umano e spesso religioso.
Ora anche qui è tutto o quasi economico. Tanto paghi tanto sei servito. Poco paghi poso sei servito. Anche una casa di riposo è diventata una azienda e quindi deve dovrebbe rispondere a criteri di economicità e redditività.
Per carità, princìpi giusti sulla carta, ma senza togliere la dentiera a una signora che magari vorrebbe togliersi lo sfizio di masticare una patata lessa o un pezzo di pane tenero, senza togliere l’apparecchio acustico per consentirle di ascoltare cosa dice la vicina.
L’economicità non può mangiare l’umanità. Diamoci una mossa: i giovani e gli anziani sono un patrimonio dell’umanità. Più di un ponte, più di un portico, più di un castello. Facciamo qualcosa per riconoscerlo, cerchiamo una strada, una regola, un comportamento per riconoscere il primato dei sentimenti sulla schiavitù dei denari.
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