Ieri sera ho avuto l’opportunità di vedere un film che doveva finire nel dimenticatoio.
Ma partiamo dall’inizio: nel 2016 il Ministero degli Interni promuove un bando per la realizzazione di documentari che dovranno valorizzare “il tema dell’accoglienza e dell’integrazione dei richiedenti e titolari di protezione internazionale come prassi ordinaria e non emergenziale, attraverso la diffusione dei film documentari, oggetto della presente procedura, nei contesti più diversi al fine di rafforzare la cultura dell’accoglienza e dell’inclusione, in particolare nella popolazione giovanile”. Il bando viene vinto dall’associazione ZaLab, un collettivo di cinque film-maker e operatori sociali.
Paese nostro è il titolo del loro film e racconta sei diverse storie di operatori sociali impegnati in diverse regioni italiane nei progetti SPRAR (il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati): Palermo, Chiesanuova (Torino), Porto San Giorgio (Fermo), Lamezia Terme, Schio e Caserta.
Dal momento della consegna della pellicola al Viminale però del film si sono perse le tracce; per la precisione da gennaio 2017 è inspiegabilmente bloccato e non può essere visto dal pubblico. Decisamente singolare dato che è stato pensato, voluto e pagato dallo stesso Ministero….
Per la cronaca, al tempo il Ministro degli Interni era Alfano, ma sia con Minniti ed ora con Salvini, del film nessuna traccia, silenzio assoluto. Importante sottolineare che i fondi europei con cui il film è stato realizzato prevedevano la sua distribuzione, non certo “l’archiviazione”. Ed allora, il mese scorso, i responsabili della casa di produzione prendono la decisione di metterlo a disposizione in forma gratuita a chiunque ne faccia richiesta: “Mettiamo gratuitamente a disposizione di tutti il film che qualcuno vorrebbe non farvi vedere".
Il mondo dell’accoglienza raccontato è quello dello SPRAR, il sistema basato sulla sinergia tra gli Enti Locali e il Governo (tramite il Viminale) e il coinvolgimento di realtà del Terzo Settore. Un lavoro di rete multilivello, dove si prediligono piccoli numeri di beneficiari per poter personalizzare al meglio i progetti, garantendo interventi di accoglienza integrata che superano la solo fornitura di vitto e alloggio, ma prevedono la costruzione di percorsi individuali di inclusione.
Un sistema, e lo dovremmo ricordare di più, che ha una rendicontazione ferrea e controllata.
Un processo rodato e riconosciuto come esempio positivo in tutta Europa.
E’ è proprio questo sistema che l’attuale Ministro degli Interni attraverso il Decreto Sicurezza vuole fare a meno, un salto carpiato all’ indietro, chiudere ciò che funziona lasciando col cerino in mano i territori, portare maggiore irregolarità con il rischio di avere sempre più persone che cadranno in situazione di marginalità, oltre alla perdita del lavoro dei tantissimi che lavorano nei centri.
Vedere questo docufilm è un’occasione di conoscenza dal punto di vista degli operatori che quotidianamente sono a stretto contatto con i migranti. Il racconto del loro lavoro, dei loro pensieri, delle loro fatiche, ma anche dei loro sogni, ci mostra quanto la sfida quotidiana per la costruzione di un futuro giusto sia importante. Occorre allargare lo sguardo.
Il dramma dell’immigrazione non si può risolvere alzando muri o chiudendo i porti, ma mettendo in campo un’accoglienza capace di coniugare integrazione, solidarietà, sicurezza e coesione sociale; quello che lo SPRAR ha fatto dal 2001 ad oggi.
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