I 98 + 1 "goals" di un ragazzo discreto


E’ la notte dell’ultimo dell’anno. Siamo in un castelletto che una volta era una cascina fortificata nella ricca, industriosa, materna piana lombarda che sta attorno a Cremona. Buona e solida borghesia, opulentemente benestante e laboriosamente imprenditoriale. I mobili sono antichi e odorano di cera, i tappeti antichi soffici e preziosi, i pochi quadri alle pareti, moderni, vengono da gallerie milanesi e parigine. La cristalleria è di rigore, il tovagliato candido, l’argenteria lucidata. Gli abiti degli uomini, di ottima sartoria, eleganti e inappuntabili, quelli delle signore, di grandi firme conosciute, eleganti e vaporosi. La musica, un sottofondo discreto che potrebbe essere Kind of Blue di Miles Davis, diventerà, con il trascorrere delle ore e il procedere delle portate, un quartetto d’archi di Bach.





L’atmosfera è calda, piacevole, anch’io, che non c’entro, è come se fossi un vecchio amico, uno di sempre. C’è qualcosa però che manca e si sente. E’ una presenza, anzi, un’assenza che marca la serata. E’ l’enfant du pays che tutti aspettano e intanto brindano e le chiacchiere si fanno sottofondo soffuso e affettuoso. Il ragazzo del paese, il figlio un po’ scapestrato che è andato a cercare la gloria nella lontana Genova e che quella suerte l’ha poi trovata e ancor più grande la troverà, ma questo ancora non si sa, tra Torino e ancor dopo aLondra.





Quando arriva, alla fine nemmeno in ritardo ma solo troppo atteso, Gianluca Vialli è quello che si vede anche in TV, solo più esile di quello che ti aspetteresti (sono ancora lontani i tempi della Juventus), con una gran massa di riccioli neri che fanno tanto monello (ma è l’unico vezzo: saranno i tempi, ma non ci sono tatuaggi o altre stranezze ormai, ai giorni nostri, ritenute indispensabili ma sinonimo solo di banale mancanza di personalità). Il sorriso invece è timido, accattivante ma timido, e i modi sono quelli garbati e gentili di chi ha goduto di un’antica e solida educazione. Un ragazzo discreto, questo diresti, discreto nel vestire, un semplice lupetto sotto il blazer grigio, discreto nel modo di fare, di porsi, nel darti la mano sorridendo timidamente, nel parlare senza alzare la voce, nel ridere senza troppa enfasi e senza darsi importanza.





Anni sono passati, quanti, da quella notte e il ragazzo di strada ne ha fatta, direbbe Celentano. Seguito da lontano, nelle interviste rilasciate, nella mancanza del gossip che non è riuscito a raggiungerlo in tutto questo tempo, nello stile disincantato mostrato nei suoi nuovi lavori, nella riservatezza dedicata alla propria privacy, sembra aver mantenuto lo stesso riserbo, la stessa sensibilità del ragazzo che era allora.





Ritrovarsi tra le mani adesso, dopo infiniti anni, un libro di quello stesso ragazzo ormai divenuto uomo e scrittore di successo (tra le altre cose), vuol dire ritrovare tra le pagine la stessa presenza discreta, il medesimo understatement (vive a Londra, gli è dovuto) di allora. Il libro, “Goals– 98 storie + 1 per affrontare le sfide più difficili”  (dove goals, all’inglese, sta per obbiettivi) è, contrariamente a quanto potrebbe far ritenere il titolo (ma nulla è scontato quando si parla di Gianluca Vialli),una raccolta di ritratti di grandi personaggi, grandi campioni ed eroi dimenticati, ognuno colto nel momento del trionfo o della sconfitta (“che tu possa incontrare la vittoria e la sconfitta e trattare queste due bugiarde con lo stesso viso” prendendo a prestito Kipling) ognuno introdotto da una frase, un aforisma, un motto, alla maniera, quasi, di quelle, famose, con cui il mago Herrera (HH, il cui ritratto naturalmente apre il libro) tappezzava lo spogliatoio dell’Inter invincibile dei suoi anni arrivando a convincere Bicicli di essere perfino più forte di Garrincha.





Volendo sceglierne una, di frasi, per suggerire il senso del libro, citerei quella dedicata a George Best, il 5° Beatles: Sei regole di vita: 1) Prima di pregare, credi; 2) Prima di parlare, ascolta; 3)prima di spendere, guadagna; 4) Prima di scrivere, pensa; 5) Prima di mollare, prova; 6) Prima di morire, vivi.





Nei 98 ritratti si trovano calciatori di oggi e di ieri (Zlatan Ibrahimović e Stanley Matthews, Gaetano Scirea e Valeri Lobanovski e la Dinamo Kiev, il Chelsea che vinse la Champions del 2012 e la finale Mondiale del 1974 Olanda/Germania, Enzo Bearzot e il Brasile del Maracanazo ai mondiali del 1950, Eric Cantona e Djalma Santos, Claudio Ranieri e il Leicester), ciclisti (Fiorenzo Magni e Eddy Merckx, Fausto Coppi e Roger De Vlaeminck), campioni dell’atletica (Jim Thorpe ePietro Mennea, Abebe Bikila e Jury Chechi, Jesse Owens e Harold Abrahams e Eric Liddell quelli di Momenti di Gloria, Emil Zátopek e Richard Fosbury, Stefano Baldini e Sara Simeoni, Wilma Rudolph e Sergej Bubka, Peter Norman e Tommie Smith e John Carlos quelli del guanto nero alle Olimpiadi), nuotatori (Michael Phelps), cestisti (LeBron James e Tyrone Bogues, la Nazionale Italiana campione d’Europa nel 1983 e il primo incredibile Dream Team alle Olimpiadi del 1992), hockeisti (Wayne Gretzky e la finale di hockey su ghiaccio alle Olimpiadi di Lake Placid nel 1980), pugili (Muhammad Ali e Leon Spinks, Loris Stecca e Floyd Mayweather), scalatori (Jerzy Kukuczka), fantini (Lanfranco Dettori), pattinatori (Tonia Harding e Nancy Kerrigan), piloti (Tazio Nuvolari e Gilles Villeneuve, Niki Lauda e James Hunt), tennisti (Roger Federer e Anna Kournikova, Chris Evert e Serena Williams e Martina Navratilova), rugbisti (gli All Blacks), i RedSox di baseball, canoisti e surfisti (Josefa Idem e, Duke “the big Kahuna” Kahanamoku) e poi Maria Beatrice Vio, Alex Zanardi, Walter Fagnani che a 94 anni ha corso la sua45^ 100km del Passatore, Bobby Fisher, la squadra giamaicana di Bob a quattro alle Olimpiadi di Calgary del 1988, Eugenio Monti, Pierre de Frédy barone de Coubertin, Patrick de Gayardon e tanti altri.





E poi c’è la storia +1, la novantanovesima, la sua. La storia di un vecchio ragazzo che è rimasto quello di una volta, timido e gentile, discreto ed educato e che, se si racconta e racconta la storia della sua malattia mettendosi insieme a quei grandi campioni e a quei fantastici uomini e donne, lo fa solo perché “…voglio essere di ispirazione agli altri. Voglio che qualcuno mi guardi e mi dica è anche per merito tuo se non ho mai mollato ...”.





Infine, da ricordare, questo libro sostiene la Fondazione “Vialli e Mauro” per la ricerca e lo sport.


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