L’India non la Manda(la) a dire!






Se chi non muore si rivede, chi ricompare ha quantomeno il dovere di porgere delle scuse. Eccomi di ritorno cari amici Guardamondo, spero possiate accettare le mie scuse e che siate, come sempre, pronti per il nostro appuntamento settimanale.





Sistemati gli ultimi scatoloni, ho preso posto alla mia scrivania, che ora guarda al Mare del Nord, e mi sono ricavata del tempo per la mia medicina: la scrittura. Nel bel mezzo di quella eterna corsa che è la vita, bisogna sempre sapersi prendere del tempo per sé stessi, un rimedio alla pazzia, che sia anche un’immensa forma d’amore verso noi stessi. Qual’è il vostro atto d’amore? Siete dei corridori o degli yoga addicted? E a colori come siete messi? Avete capito bene, ho detto colori. Ultimamente nella categoria dei rimedi allo stress il più gettonato pare essere l’Art Therapy, così chiamata perché “Vediamo se dopo x anni hai imparato a colorare dentro i margini” suonava troppo provocatorio. La legge economica che accompagna questa disciplina vuole che si comprino album di tutti i tipi, pieni zeppi di figure più o meno elaborate e pronte per essere colorate. Tra i soggetti principali per noi nuovi Picasso ci sono i così detti “mandala”, oggetti di forma rotonda, al cui interno trovano spazio altri cerchi e altre forme geometriche di varia misura e conformazione. Insomma, l’Inception della grafica (Peccato che non diano anche Di Caprio in omaggio!). So che cosa state pensando, se questa non è una puntata di Art Attack e lei non è Giovanni Muciaccia, perché stiamo parlando di questa roba? Non sono impazzita, credetemi. Mandala non è solamente il nome di un oggetto, ma anche di un’importante strategia geopolitica, in particolare quella in grado di spiegare in concreto i come e i perché a proposito della politica estera Indiana.





La Dottrina del Mandala (da non confondere con il Tikka Masala, per tutti gli amanti della cucina Indiana all'ascolto), è un principio che descrive il comportamento dell’ex colonia Inglese riguardo i suoi vicini e non. Per spiegarne il funzionamento, potremmo cominciare con il dire che questo paese ha ben chiaro il significato del detto “Tieni vicini gli amici e ancor di più i nemici”. L’India guarda alle proprie relazioni esterne come se dovesse approcciarsi alla pittura di un mandala, un cerchio alla volta, dove ogni cerchio ha un significato preciso e che di conseguenza richiede uno specifico atteggiamento. Il nucleo della figura, nonché punto di partenza, è ovviamente lei: l’India. Attorno a lei un primo cerchio, formato da quelle potenze viste come un pericolo maggiore, ovvero la Cina e il Pakistan che, suoi diretti (e non troppo simpatici) dirimpettai. Questi sono i così detti nemici da tenersi, volenti o nolenti stretti. Ma chi c’é nel secondo anello di questo mandala? Qui troviamo gli stati detti amici e ritenuti tali solamente perché nemici dei nemici. Non fa una piega. In pole position nella categoria nuovi migliori amici dell’anno, l’India schiera l’Iran eterno rivale economico, ma non solo, del Pakistan e ai ferri corti anche con la Cina per una serie di questioni, sempre riconducibili al calibro di chi ha il bottone più grosso. Insieme all’Iran troviamo un altra serie di potenze non ben definite (Ricordiamoci che l’india è relativamente nuova al tavolo della strategia politica) che vengono viste come amiche. Sono tutti quegli stati facenti parte della regione dell’Asia Centrale e che, in un qualche modo, ronzano intorno alla Cina infastidendola. Ultimi, ma non per importanza, in questo inferno dantesco che è la politica estera Indiana troviamo gli stati neutri, quelli che non sono né carne né pesce, ma che servono per completare il quadro d’insieme. Se ci trovassimo davanti ad un disegno, questi rappresenterebbero quei piccoli rombi tra un cerchio e l’altro, gli elementi decorativi di cui non puoi fare proprio a meno. In questa realtà, al posto dei piccoli quadrilateri ci sono il Bhutan e il Nepal, uno celebre per aver inventato il valore della felicità pro capite e l’altro per l’alta concentrazione di monaci buddisti. Due emblemi di pace tirati dentro ad un gioco a cui non sono interessati e ai quali, addirittura, viene affibbiato un nome bruttino: “stati cuscinetto”. La prima cosa a cui pensi sono i cuscinetti di cellulite sulle gambe e il senso è più o meno quello. Sono una sorta di confort zone piuttosto inutile, posizionati dove capita e utili solamente per attutire l’atterraggio in caso di caduta. Sono quegli stati che l’India è convinta di poter manovrare a proprio piacimento, nel caso in cui la situazione si dovesse mettere male. Ma è davvero così?





Nonostante uno dei principi del mandala sia il poter continuare a disegnarlo all'infinito, l’India ancora non sembra essersi accorta di questo aspetto e decide, almeno per ora, di non guardare più in là di ciò che pensa di conoscere bene. Cara la mia India, che cosa succederebbe se invece che partire dal nucleo, cominciassi dall'esterno? Forse ti accorgeresti che ci sono altri nemici, con denti ben più aguzzi e capaci di distruggere qualsiasi cuscinetto vi separi.


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