L’Autunno dei Popoli


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Mi arriva un sondaggio sulle intenzioni di voto in Italia che graficamente è rappresentato da una mappa del Paese con le regioni colorate diversamente a seconda dell’orientamento prevalente. Rosse quelle del Centro Sinistra (una sola) blu il Centro Destra, azzurre quelle tendenti al Centro Destra ma di poco, gialle quelle del M5S. Un sondaggio semplice ma che si allontana poco dalla realtà.









Ebbene, quello che salta agli occhi è che mentre la politica sembra contrapporre tra sovranisti ed europeisti, gli italiani non seguono questo schema. A cento anni esatti dalla battaglia di Vittorio Veneto e a quasi 150 anni da Porta Pia, i colori diversi evidenziano marcatamente: 1) un’Italia in mano ad una corrente politica che ricalca in maniera puntuale i confini dell’Italia in mano agli Austro-Ungarici;  2) un’Italia incerta, contendibile, non nettamente collocata e quindi intrinsecamente volta al compromesso, nelle terre dell’allora Stato Pontificio; 3) un’Italia dove domina nettamente un’altra linea politica, nelle terre già del Regno delle due Sicilie.





Insomma, è premiato il sovranismo, certamente, ma non nel senso di un’Italia più sovrana sul proprio territorio. Il sentimento va verso un’Italia profondamente frazionata. Tre Italie che nutrono ambizioni, obiettivi e priorità diverse e anche contrapposte. L’inversione a U sul percorso di quella “Primavera dei Popoli” da cui nacque anche l’Italia unita.





Sarà un accostamento ardito, una semplificazione eccessiva e un po’ banalotta, sarà quello che vuole il lettore, ma forse no.





Potrebbe invece essere anche altro. Globalizzazione, europeismo finanziario, l’indebolirsi di ogni riferimento politico ed economico a noi prossimo in favore di referenti lontani e indefiniti, hanno per convesso acutizzato una spasmodica ricerca di identità nelle quali riconoscersi e identificarsi. Si cerca per questa via di vincere il senso di smarrimento. Il mantra “ce lo chiede l’Europa”, usato come l’alibi di ferro dei governanti di turno è finito per rimbombare come un fastidioso ricatto nelle orecchie dei cittadini. Analogamente, il “mercato finanziario” illustrato sempre come pistola alla tempia e non come opportunità per favorire l’investimento, è un club di sfruttatori senza scrupoli che, tra un cocktail e una battuta di caccia, si baloccano col nostro destino. E così via.





Sommate il senso di naufragio in un mare agitato, all’idea di essere vittime incolpevoli di carnefici ben protetti da regole mai condivise, alla questione mai risolta dell’unità nazionale ed il mix è perfetto.





Così, qualcuno con rassegnazione, qualcuno con sollievo e qualcun’altro con scalmanato entusiasmo, tutti si sta tornando alle vecchie case, a vecchi luoghi.





E’ un fenomeno istintivo, non ragionato; è la ricerca di rintanarsi tra quelle mura domestiche dove persino i nostri torti trovano una giustificazione benevola. La verità è che quella casa non esiste più da tempo e perciò la delusione sarà forte.


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