É un martedì qualunque e nella sala d'attesa di un aeroporto guardo le persone sedute intorno a me, qualcuno parla inglese, altri francese e mi sembra di sentire, in lontananza, anche qualche parola italiana. Per quanto io possa ormai definirmi “la ragazza con la valigia”, ogni volta che mi trovo in una situazione come questa non posso fare a meno di pensare al perché io mi ci trovi e non parlo solo di me, ma anche di tutte le persone che mi circondano. Che si tratti di un viaggio di piacere, di un lavoro che ci porta lontano o anche solo dell'insensata voglia di salire su una scatoletta di tonno con le ali, la gente parte. Qualunque sia il motivo, partire significa scoprire ed imparare. Vedendo tutta questa gente in partenza e in arrivo, mi investe un'insensata positività, come se i viaggiatori fossero speranza, il segnale che oggi, in un'epoca sempre più diretta verso la chiusura e la paura del diverso, esista ancora qualcuno in grado di andare contro corrente. Per quanto si tratti di un'analisi estremamente semplicistica, me ne rendo conto, in questi anni che sono figli della globalizzazione, del low – cost e della cucina orientale a portar via, è mai possibile che il populismo sia davvero un'alternativa?
Guardamondo oggi guarda al quadro generale, si sposta da un confine all'altro e vi porta ad osservare questo periodo con i suoi occhi, senza volervi convincere di nulla perché, parafrasando Voltaire, è giusto che esistano opinioni diverse e, per quanto lontane dalla mia, lotterò sempre perché queste vivano.
Il neo eletto Bolsonaro in Brasile, la stroncatura del modello Riace o Marine Le Pen che fa rivoltare Giovanna D'arco nella tomba, sono solo alcuni esempi di come le cose stanno evolvendo, o forse, come dice qualcuno, di come si stanno mostrando per ciò che in realtà sono sempre state.
Il politologo russo Dugin, non è solo il padre di alcune delle più celebri teorie geopolitiche, ma è anche un grande sostenitore del populismo. Secondo lui il populismo è, e sarà sempre, l'unica soluzione che permetterà all'ordine politico mondiale di sopravvivere, la democrazia è un modello da superare, mentre il governo dei pochi e il “noi prima di chiunque altro” va ricercato e osannato.
Ovviamente questo schema concepisce la possibilità di alleanze che guardano non solo ai più forti, ma a quelli che, oltre ad essere tali, ci stanno anche più simpatici. Ecco perché stringere un'alleanza con Salvini piuttosto che con Angela Merkel o perché, dopo tutti i tira e molla da mezzi innamorati, scaricare Erdogan. Si vuole convincere l'opinione pubblica che prendere tutti sulla famosa arca della salvezza è un errore e che, al contrario, bisognerebbe indire una gara per scoprire chi è degno di prendervi posto, poco importa se sarà una gara truccata.
Non vi dirò che Dugin si sbaglia, non mi permetterei mai, ma vi dirò che io, e tanti altri che mangiano politica internazionale a colazione, non siamo d'accordo. Uno dei punti di forza del populismo, tanto a livello internazionale che nazionale, sta nel vendere la loro soluzione come l'unica possibile, non si tratta di essere razzisti o “cattivi”, è il classico a mali estremi rimedi. Non so voi, ma io con le sberle non ho mai imparato niente, anzi ne sono uscita sempre più testarda e accecata dalla rabbia. Tuttavia, esiste chi a questa pigrizia intellettuale non ci crede e sceglie un governo dei tanti contro quello dei pochi, chi comprende che la strategia è importante, ma che laddove uno può ottenere un buon risultato, due forse possono ottenere una grande vittoria, non importa se il partner abbia idee diverse dalle nostre.
É così che il Canada, in barba a chi innalza muri, lancia nuovi progetti di cooperazione con il Messico, o il Giappone e la Cina che, per quanto ostili, tentano di venirsi incontro, ostinati nello starsi antipatici, ma disposti a trovare un punto d'incontro se questo serve a raggiungere una situazione di ottimo. E se gli stessi populisti cedessero a questi slanci? Chissà cosa ne pensa Dugin del Trattato di Cooperazione di Shanghai, firmato tra Russia e Cina, con l'obiettivo di incentivare la collaborazione economica e mettere fine alla competizione o degli ingenti finanziamenti che Putin sta utilizzando per investire nel sistema educativo africano e produrre tecnici ed ingegneri, da assumere poi nelle grandi aziende russe. Si tratta sicuramente di idee figlie di una loro strategia, ma si tratta anche di cedimenti, crepe in una corrente che non riesce a vedere più in là del proprio naso.
Mi rendo conto che quanto scritto fin qua è attaccabile sotto ogni punto di vista, ma tutto lo è e lo sarà sempre. La politica internazionale, così come la geopolitica, non ha regole, ha schemi imperfetti, spesso e volentieri influenzati dalla variabile umana. Anche se oggi chi governa in ogni
dove non sembra mostrare la sua faccia migliore, sempre oggi io vi dico che c'è chi invece lo sta facendo, solo con meno schiamazzi. Sicuramente ha ragione chi dice che ci aspettano tempi di burrasca, ma ricordatevi che se vedete il bicchiere mezzo pieno, non importa quante onde ci siano
dentro.
Questa settimana da Guardamondo è tutto, vi lascio consapevole di essere uscita un po' dalle righe della geopolitica e ridò la linea (almeno spero) al vostro senso critico.
Commenti
Posta un commento