Sport - Un weekend vincente per Virtus e Fortitudo


Due vittorie in trasferta per Fortitudo e Virtus (la Fortitudo a mezzogiorno, la Virtus in serata), due vittorie, entrambe, dal segnante peso specifico anche se assai diverse per modalità e significato.





La Fortitudo sbanca Treviso con una prova da padrona, del campo e del campionato. Nove punti, alla fine, importantissimi anche nell'ottica di future possibili parità (attenzione, però: questa Treviso non c’entra assolutamente nulla con quella passata, gloriosa ed indigesta sia alla Fortitudo stessa che alla Virtus, di tante sfide infuocate, tante finali scudetto e tante battaglie di coppa non avendo mantenuto, di quella, né il nome, né i colori, né, tanto meno, il palmares) e sparecchia, arrogantemente, il tavolo delle contendenti possibili. E lo fa con un basket da playground (non ce ne vogliano i puristi del gioco, ché qui, in questa partita, di schemi se ne sono visti davvero pochi) che , e di questo dovrebbe essere felice il coach Martino, fa ricredere i tanti stortignaccoli che lamentavano, di questa F, la mancanza di atleticità e grinta. Niente di più sbagliato, per ora almeno: questi corrono, saltano e si esaltano e chi non corre o salta, vedi Rosselli, ha talmente tanto mestiere da far correre e saltare la palla al posto suo (e forse, pensierino malizioso e cattivello, non è un caso se l’antico capitano, il Mancio sorpassato ed acciaccato, sia assente in questa cavalcata che sta trasformandosi in fuga solitaria). Parlando dei singoli, Treviso per prima: il migliore è Tessitori che è sembrato davvero inarrestabile a questi livelli, una specie di Sabonis dei poveri; degli altri, l’unico salvabile Imbrò: grinta, mestiere e, forse e finalmente, addio ai guai fisici che a lungo ne hanno tarpato le ali (altro pensierino malizioso: se Imbrò è questo, che cambio di Taylor sarebbe stato per la amata Virtus). Degli altri, due americani ingiudicabili che sembrano scelti da … Boniciolli, una masnada di giovani che, forse, ma sottolineiamo forse, si faranno e l’eterno e logoro Antonutti. Cioè, per puntare al piano superiore bisognerebbe cambiare tutto il possibile, almeno i due mori made in USA.





Il Coach di Fortitudo, Antimo Martino








La Fortitudo, ora partendo dalla figura che sembra fondante di questa squadra e cioè coach Antimo Martino. Giovane, preparato, ambizioso, con un’idea (molte idee) di basket, di come insegnarlo, di come farlo giocare; un allenatore al cui confronto scompaiono le caricature di coach che lo hanno preceduto, un allenatore, soprattutto, che ha avuto le … palle, sia perdonato il francesismo, di rinunciare senza lamentarsi al Mancinelli inutile e forse controproducente di questo inizio stagione e traslocare un altro degli intoccabili, Cinciarini (ricordate i 4 veri americani di boniciolliana memoria, e a come è andata a finire), nello s/comodo ruolo di sesto uomo che sposta dando contemporaneamente spazio, fiducia e responsabilità a un insospettabile Pini, roccioso e utilissimo, a un Venuto che non ha fatto rimpiangere, nei due tempi giocati senza Fantinelli, il titolare e trovando minuti e giocate di qualità sia da Sgorbati sia da Benevelli. Discorso a parte per i due americani, veri, di questa stagione. Hasbrouck rimane quello che è sempre stato, un giocatore di striscia, mortifero o indisponente, che in questa squadra già strapiena di veri o pseudo califfi, potrebbe risultare perfetto con il suo understatement, mentre Leunen, anche lui rimane quello che è sempre stato, e cioè Mr.Basket, giocatore dall'intelligenza superiore e dalla visione del gioco lungimirante, addirittura sprecato in questa categoria. Rimane Rosselli, insofferente, antipatico, individualista, ma a questo piano, uno dei migliori di tutta la lega. Mantenessero la forma fino alla fine del campionato …





Stefano Sacripanti - Virtus - Bologna
Foto L.Canu / Ciamillo-Castoria




Parlando di allenatori, ma passando alla Virtus, non si può non citare coach Sacripanti. Da molti ritenuto un ripiego dopo i nomi altisonanti, ma impropri, circolati in estate (da Trinchieri a Djordjevic, da Banchi a …) si sta rivelando (ma lo staff virtussino lo sapeva avendolo seguito a lungo in sottotraccia e firmato non appena possibile) quello che ci voleva per una squadra che dovrà diventare grande ma grande ancora non lo è. Ma la grinta, la determinazione, il non sentirsi mai morti, queste sì, sono tutte caratteristiche che questa squadra già ha inserito nel proprio DNA. Vincere ad Avellino, contro questa Avellino imbottita di ottimi giocatori (Cole e Nichols, Costello e Caleb Green, Filloy e Ndiaye sono da massimo livello nei rispettivi ruoli) dopo aver condotto praticamente tutta la gara vincendo tre quarti su quattro e senza il centro titolare, è impresa da formazione di grande spessore e potenzialità. Merito dell’esperienza europea di giocatori come Punter (ancora 23 punti con buone percentuali), Taylor (forse stimolato dal confronto col crack, in NBA, Cole) e Kravic (che ha mostrato quello che potrà dare alla squadra in futuro, un futuro non lontano) qualità dei singoli che, unite al solito contributo di un Aradori ancora farraginoso in alcune situazioni (ha saltato gran parte della preparazione per motivi “nazionali” e questo, un fisico come il suo, lo patisce particolarmente), di un Martin che si sta mostrando esattamente quello che ci si aspettava da lui (presenza, fisico, personalità) e ai buoni minutaggi che, dalla panca garantiscono i vari BaldiRossi, Pajola e Cournooh, lasciano intravedere una futuribilità ancora tutta da esplorare ed induce a rosee aspettative per il prosieguo dell’annata.


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