I libri dell’angolo retto


Questo Angolo è in realtà un incontro di solitudini. Un muro di recinzione metallica della facoltà di Lingue che finisce al confine con un improvvisato parcheggio di taxi, spiaggiato ogni mattina dove capita, fra  un muro di un edificio abbandonato, rimasto senza senso, e l’area di fermata di bus che qui  scaricano studenti e rilasciano gas mefitici.





E’ un luogo senza possibile identità, sposato a una struttura arrugginita di un vecchio chiosco che forse nella complicata storia di Tirana vendeva biglietti dei bus o forse coca cola, come ricorda una pubblicità dilavata dagli anni. 









E’ diventato un luogo simbolo, un’installazione che esprime un concetto difficile, ma è il posto cult di chi ama letture impossibili.





Impossibili da trovare altrove.





Moravia tradotto in albanese negli anni ’70. La vita di Stalin scritta  nel  1966, la vera storia del Komunismo, mappe di città jugoslave che hanno cambiato nomi e confini.





Tutte le mattine Ilir  un uomo dai capelli grigi, ma dallo sguardo attento,  allunga file pettinate di  stampe sbiadite e impolverate sui muretti dell’Università e in ogni spazio occupabile fra la strada e il marciapiede.  La sera le ritira in cumuli ordinati e catalogati.





Sempre uguali da anni. Perché nessuno li compra.





Occhi aperti sul passato sono punti di contatto con mondi lontani, ricette di cucina irrealizzabili, carte geografiche di paesi scomparsi, studi urbani di luoghi ormai cementificati da centri commerciali, tutti uguali, biografie di eroi di una storia che ha cambiato pagina.





Passaggi di vite che Ilir recupera da enormi casse e espone con un’attenzione maniacale.





Intuisce che voglio immortale quella coreografia di stanchi colori, di copertine usate, di pagine sfogliate e mi controlla vigile.









Non vuole che l’equlibrio di quella sua arte possa essere turbato.





Alla Biennale di Venezia  questo mix di storie passate e ormai disancorate creerebbe stupore e anche un brivido di orrore.





Ma alla storia dell’automazione delle fabbriche cecoslovacche, si avvicinano storie di militari e anche vecchi manuali  per imparare l’inglese della Oxford University Press degli anni ’80, quando il metodo comunicativo funzionale uccise quello traduttivo grammaticale. Ma solo oltre cortina.





Un flusso ininterrotto di giovani passanti, soprattutto ragazze attente ad ogni moda e fiere del proprio fashion look, si snoda ma non si ferma.





Nessuno compra. Nessuno vuole un pezzo di quel passato.





E’ sera e Ilir sta recuperando i suoi tesori. Sempre più impregnati di odori urbani.





Domani forse creerà fra loro un Nuovo Ordine, elaborando una nuova Mistica di sintesi politica fra vecchi attori.





Forse è uno psicopatico in un percorso di recupero.





Forse gestisce un luogo di spie o un sancta sanctorum di un linguaggio per iniziati.





Non lo sapremo mai.


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