“Brecht regista – Memorie dal Berliner Ensemlbe”

Lo avevo letto, e studiato, al tempo della sua prima pubblicazione a fine anni ’80 a cura dei tipi de IlMulino. Riproposto adesso in una accattivante veste editoriale dalla Cuepress, non ho potuto esimermi dal procurarmelo immediatamente. E com’è naturale che sia, appena  ho sfogliato questo “Brecht regista – memorie dal Berliner Ensemlbe” a firma Claudio Meldolesi & Laura Olivi, mi è tornata in mente una nota del 17 settembre del 2009. Avevo appena avuto una notizia che aveva suscitato un dolore enorme e questo è ciò che scrissi: “… infine, un saluto a Claudio Meldolesi. Casualmente, quasi un presagio, quasi un omaggio inconsapevole, lo scorso numero è stato monograficamente dedicato all’edizione 2009 di “Danza Urbana”. Teatro, dunque. Per chi non lo abbia conosciuto, Claudio è, era, è stato, uomo di cultura (professore di “Drammaturgia” e di “Storia dell’attore”, preside del DAMS, diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, accademico dei Lincei, tra i fondatori delle riviste “Teatro & Storia” e “Prove di drammaturgia”, e del Centro la Soffitta) e uomo vero (agitatore culturale, riformatore teatrale, appartenente, per dirla con Fausto Lupetti,  a quella “… generazione che ha tentato di dare l’assalto al cielo …”). Ma oltre a tutto questo, più ancora di tutto ciò, Claudio è un vecchio amico e un antico maestro. Che mi/ci ha lasciati da soli uno di questi piovosi giorni di metà settembre. E il cielo del Teatro, quel cielo che provò ad assaltare, d’ora in poi sarà un po’ meno brillante …”.

Naturalmente, altre cose ho trovato, leggendo questo testo, un testo che mi ha riportato ad anni passati, anni in cui quei nomi di autori, attori e registi che amavo, mi avevano fatto pensare a come sarebbe stato bello se il teatro, e quel teatro in particolare , potesse diventare la mia vita. Vita che, invece, mi dimostrò il contrario …

Ma soprattutto ho ritrovato le parole e la statura intellettuale, il rigore scientifico e la passione di chi, a lungo, fu per me un maestro. Strutturalmente, chiaro, il testo non dice nulla di nuovo (e per descriverlo non trovo parole migliori di quelle estrapolate dalla prefazione di Marco DeMarinis, che servono anche a concludere un percorso nella memoria squisitamente personale: “… questo volume ricostruisce in maniera vincente, ma in realtà ci fa rivivere, una delle avventure più straordinarie del Novecento teatrale: quella che ebbe per protagonisti Bertolt Brecht, in veste di regista oltre che di autore, e la compagnia del Berliner Ensemble a Berlino Est fra il 1949 ed il 1956, anno della morte del grande drammaturgo …”. Erano, si nota, gli anni difficili del dopoguerra, quelli della nascita della cosiddetta guerra fredda, della morte di Stalin, dell’effimera stagione delle primavere di alcuni regimi comunisti europei che verranno soffocate dal maelstrom della sanguinosa repressione della rivolta ungherese. Nel teatro, è il periodo faticoso del passaggio dalla stagione rutilante dei padri fondatori della regia (Erwin Piscator e i due Max, Vallentin e Reinhardt  e l’unico che ancora rimane in vita, Gordon Craig) a quella del Nuovo Teatro (che arriverà solo dopo qualche tempo ancora) già anticipata, però, in qualche modo dai protagonisti dell’Assurdo (da Jarry a Beckett, da Ionesco a Schehadè, da Pinter a Vian e Genet).

Ma altrettanto indubitabilmente, conferma una volta di più,se ce ne fosse ancora bisogno, come l’avventura umana e teatrale del drammaturgo Bertolt Brecht che volle farsi regista costituisca una delle parabole  artistiche di più fondante importanza nella storia del teatro moderno. Ad avvalorare questa mie parole, il concetto espresso allora dallo stesso Meldolesi: “… il nuovo caso Brecht che sta montando negli ambienti culturali potrà comportare una più dettagliata intelligenza problematica … guardando agli interessi della cultura, oltre che a quelli dello scrittore di drammi, direi che scopo primario della reinassance dovrebbe essere di arrivare a un riconoscimento senza reticenze di Brecht come maestro di teatro che, come tale, incise e continua ad incidere nella vita culturale …”.

Una conferma, per me e molti altri che come me non abbiano perduto il gusto dello scandaloso ricordo. Per gli altri, i tanti altri che questa perversione non possono permettersela, una scoperta fulminante.

 

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