Basket: doppia sconfitta per le bolognesi

Situazione diametralmente opposta a quella di due settimane fa per le bolognesi del basket.

La Fortitudo impegnata nella final eight di CoppaItalia di categoria, la Virtus sul campo della Venezia in cerca di rivincite dopo la figuraccia dello scorso weekend, quando, arrivata da favorita a Firenze per la CoppaItalia è stata sonoramente sconfitta dalla Torino alla fine trionfatrice.

E partiamo, noblesse obblige, almeno in questo caso (d’altronde ci si stava giocando un trofeo) con quanto combinato dalla Fortitudo. Una Fortitudo (in orrida maglia ArsenalStyle che ha vinto alla grande il derby di canotta più brutta presentata alle final eight con quella gialla canarino della Virtus due settimane prima: bisognerebbe davvero chiedere i danni al creatino di turno) che, dopo aver battuto nei quarti della competizione, ma non senza patemi e soffrendo almeno fino a metà del quarto quarto, Trapani di una decina di punti grazie ad un Cinciarini mortifero a questi livelli, ad un Amici sempre sull’orlo di una crisi di nervi ma questa volta propositivo e finalizzatore e a un Gandini “stile Jabbar” ed aver così “… fatto un salto avanti in termini di maturità nella gestione delle partite …” (in entrambi i casi il virgolettato è made in Boniciolli) ha ritrovato in semifinale Ravenna, partita che avrebbe anche potuto avere il sapore di una rivincita dopo la scoppola rimediata in campionato contro la stessa Orasì vincitrice in rimonta dopo aver toccato anche il -28. Ed invece … Invece la squadra di coach Antimo Martino (un bel tipo che fa giocare bene la sua squadra) si è ripetuta, rimandando per l’ennesima volta l’appuntamento con la conquista di un trofeo della Fscudata e che questa volta non ha nemmeno avuto bisogno di impegnarsi troppo essendo stata praticamente sempre in vantaggio. La ricetta? Semplicissima: un play (nonno Giachetti, veterano di mille e forse più battaglie anche a livelli altissimi, anche con la Roma contendente al titolo) che fa il regista, controlla la partita, mette in ritmo la squadra e distribuisce assist che aspettano solo di essere imbucati a chi è più libero non disdegnando, nemmeno, di fatturare in proprio (15 punti con il 50% complessivo dal campo). Ovverossia, quello che la squadra di coach Boniciolli (quanto ci è mancato) non riesce a fare non avendo né un gioco, né un interprete che sappia far giocare e ragionare. E se al solito Cinciarini questa volta non si affianca l’altro grande vecchio Rosselli, se McCamey si ripresenta in versione glorioso mistero, se Amici ricomincia a litigare con il cervello, se Gandini fa il Gandini (e per i vari Fultz, Chillo, Italiano, Pini un encefalogramma che più piatto non si può), bè allora si capisce bene come le fanfare di una grandeur agognata ma ancora di là da venire non possano essere dispiegate (e per favore, che nessuno tiri in ballo l’assenza di capitan Mancinelli; a questi livelli e con una squadra così profonda, concetto del coach, scuse di questo tipo non sono accettabili).

Arriva così la sconfitta che interrompe la serie di 6 vittorie consecutive (5 sotto la guida Comuzzo ed 1 con il ritornato Boniciolli alla guida: un caso? ma no, dai …). E certo non lascia una bella immagine di sé questa Fortitudo sconclusionata e che sembra ripiombata in vecchie e dolorose amnesie; e soprattutto non fa una bella figura chi solo ieri sentenziava di “… provare tenerezza per chi aveva visto una Fortitudo più bella senza di lui che comunque  telefonava ai giocatori per preparare le partite …”. Preparate, forse, non così bene, si vede.

La Virtus, per finire. Che vince tre quarti su quattro, che offre una prova superlativa quanto a volontà e voglia, che sembra poter sopperire all’assenza dei due Gentile e alla peggior prova da quando è a Bologna di un irriconoscibile Kenny Lawson ma che continua, pure, la serie di sconfitte sul filo di lana. Un solo punto, questa volta, separa la Vnera dalla possibilità di violare il Talercio, ma è quel punto che basta a far tornare per l’ennesima volta la sparpagliata (o quella che si vorrebbe fosse) armata bianconera mestamente a casa, Certo, questa volta come tante, si è giocato alla pari con la prima in classifica (e vincitrice dell’ultimo scudetto, non dimentichiamolo), una Venezia costruita per bissare quel traguardo prestigioso. Certo, per perdere (o vincere, dipende da che parte la si guardi) c’è voluta una prodezza (e la miglior gara in stagione) di un fuoriclasse discontinuo e capriccioso se ce n’è uno, ma sempre fuoriclasse, quell’Austin Daye atipico ed immarcabile per un Ndoja ancora non al meglio della condizione. Una partita, ed una sconfitta, dalla fin troppo facile lettura. La squadra c’è, ha il piacere di giocare insieme, ci crede e si crede (nel senso che crede in sé). Ma è corta, piccola, e leggera. Chi può continua a tergiversare, dicendo che non è tempo di scelte fondanti. Sarà. Certo, nessuno garantisce che l’innesto (anche se continuiamo a reputarne indispensabili due) che necessariamente verrà fatto più in là se arrivato adesso avrebbe cambiato qualcosa. Ma le occasioni sprecate (Coppa Italia, un raggiungibilissimo quarto se non terzo posto nella griglia dei playoff mentre adesso è a rischio perfino il quinto), però, diventano troppe. Speriamo non si riveli troppo difficoltoso rimediarvi.

Commenti