Tre manifesti a Ebbing, un film senza etichette

Tre cartelli lungo una strada provinciale del Missouri. Tre cartelli che sono tre accuse, l'ultima un attacco diretto allo sceriffo del paese. Li ha fatti fare a sue spese da una piccola agenzia pubblicitaria, Mildred Hayes, divorziata con un figlio a carico, una tuta da operaia e una tragedia addosso. I tre manifesti sono un modo per provocare e non far dimenticare al paese l'omicidio efferato e ancora irrisolto della figlia adolescente. Ma Mildred, splendidamente interpretata da una cinica Frances Mc Dormand, non è la "madre coraggio" dei film - anche se coraggio ne ha- non piange, non si appoggia a nessuno - e nessuno la appoggia in questa battaglia dei manifesti, nemmeno il figlio- è spietata, a tratti sguaiata ma sincera, si direbbe che sa il fatto suo anche se probabilmente è stata picchiata dal marito prima che la lasciasse. La sua lingua pungente urta, ferisce (è dura con lo sceriffo, colpito da una malattia incurabile), la sua franchezza spiazza.
Le sue battute spesso fanno ridere lo spettatore se non fosse che gettano luce su una realtà di provincia drammatica, dove neri e omosessuali sono continui bersagli, dove ls gente se ne frega, dove i preti ti giudicano senza aiutarti e i poliziotti possono anche buttarti giù dalla finestra (succede) e restare pressoché impuniti. Ma, a questo punto il film, che potrebbe semplicemente andare avanti a narrare questa storia, racconta qualcos'altro. Racconta che la linea che divide il male dal bene non è poi così netta. Che i cattivi possono essere buoni a fare qualcosa. Che anche i buoni possono diventare cattivi. E che forse qualcosa c'è, si può trovare, tra buoni e cattivi, dietro a quei cartelli.
Nessuna soluzione però. Non aspettatevi un finale classico o risolutore, non aspettatevi neanche una seconda puntata. Il film finisce così, semplicemente con la vita che va avanti, scorre su una strada con i suoi cartelli.

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