Osteria de Sole: un luogo magico dal 1459

Belle le storie che si ripetono uguali, nel tempo, quasi il tempo non esistesse, un tempo che scandisce gli anni, la vita che passa, quello che è stato e mai più sarà. Questa, quella di questa settimana, è una storia di queste, una di quelle che narrano un tempo che sta fermo, non passa, si ripete. E ti riporta, sempre e comunque, al tempo iniziale.
Una premessa, però. Collaboro ormai da tantissimi anni a riviste e quotidiani soprattutto con rubriche che si interessano al mondo del cibo e del bere (da ben prima che ne esplodesse la moda). Così, volendo questa settimana raccontare uno dei posti che più amo, l’Osteria del Sole di vicolo Ranocchi (un luogo magico le cui origini risalgono al 1459), ricordo di averlo già fatto almeno un paio di volte.
Cerco l’articolo, lo trovo, lo rileggo e non è affatto così datato (nonostante risalga ai primi anni di questo millennio) come si potrebbe pensare, anzi, è ancora assolutamente attuale. Ed eccolo allora, lo stesso articolo di allora con alcuni, minimi e riconoscibili aggiornamenti.
Piazza Maggiore è bella di giorno, il sole che illumina il crescentone e la facciata del Palazzo, ed è bella di sera, le ombre e la nebbia che si inseguono tra i portici del Pavaglione. Lasciando la piazza e prendendo via Orefici (o via Pescherie Vecchie), fatti pochi metri, sulla destra (o sulla sinistra, dipende dalla via presa) c’è vicolo Ranocchi. Qui, non importa il numero civico, lo stradello è lungo pochi metri, c’è l’Osteria del Sole (aperta tutti i giorni dalle 10,30 alle 21,30 domenica esclusa). Ricordate, prima di entrare , di fare un doveroso pellegrinaggio in una delle ottime botteghe dei dintorni (siamo in pieno quadrilatero, il mercato antico di Bologna, così suggestivo e particolare) . Fermatevi da Tamburini o da Melega per qualche gourmenderie golosa ed introvabile altrove, da Simoni per uno strepitoso insaccato o alla Baita per un imperdibile formaggio, non rinunciate ai pani preziosi di Atti o alle ghiottonerie di
Gilberto (adesso che il quadrilatero si è evoluto, emancipato, modernizzato, tra le tappe imperdibili non si possono tacere le carni di Zivieri preparate in tanti modi diversi da Romanzo o i prodotti del forno di Calzolari nella nuova struttura del mercato di mezzo o le preparazioni freschissime della Pescheria del Pavaglione di via, nome omen, Pescherie Vecchie). Dopo, solo dopo aver ottemperato alla funzione della spesa, varcate la soglia del Sole. Qui, in un ambiente che più affascinante non si può immaginare, gli osti Chiara, Nicola, Stefano e Federico (i successori di Luciano, il primigenio oste vero e proprio maitre a vivre che tutti i frequentatori ben ricordano) vi serviranno i vini della cantina: dignitosi bianchi e rossi toscani, emiliani, veneti e altoatesini (Soligo, Tramin, via de Roamns, Rodaro), buone bollicine italiane, prosecco (soave) o metodo classico (Antica Fratta) o lambrusco (Battagliola), e clamorosi champagne (Roderer, Ruinart, Heideseck). Proprio su questi, gli champagne, si impone una doverosa digressione. Perché la leggenda, che leggenda non è, vuole che Mr. Krugg, scoperto che il maggior cliente in regione non era un ristorante stellato ma una sconosciuta, per lui, osteria bolognese venne in visita (esiste foto, appesa alle pareti, della limousine marchiata Krugg posteggiata davanti, o quasi, alla porta del Sole) rimanendo piacevolmente e cameratescamente coinvolto in una colossale bevuta; d’altronde, la maison non è nuova ad avvenimenti del genere: basti pensare a quando, non molti anni fa, la VeuveCliquot, in occasione della presentazione europea di una sua couvèè special edition non trovò miglior location che la nostra tappa odierna per non parlare di quando, ma gli anni passati sono davvero tanti, Luciano mandava fuori noi, giovani studenti senz’arte né parte per riservare l’osteria ad avvocati e notai, industriali e professori che si giocavano mezzine di champagne in interminabili partite di carte. Il risultato, a fine serata, erano cataste di cassette di mezzine marcate “VeuveCliquot per Osteria del Sole, Bologna” ammonticchiate davanti alla porta. Tornando a noi, ed ai consigli per la sosta, una volta riempito il bicchiere al banco, attenzione non c’è servizio al tavolo, potrete sedervi ad uno dei lunghi tavoloni che fiancheggiano le pareti ingiallite dall’età (in realtà è appena stata effettuata una scrupolosa ripulitura conservativa, mantenendo tonalità e colori del tempo) e degustare le vostre leccornie, magari dividendole o scambiandole con quelle del casuale vicino di seggiola (successo di scambiare sushi con ostriche o prosciutto con un formaggio casereccio con una
signora che lo aveva portato, come ogni sabato, per venderlo direttamente in qualche bottega del quadrilatero) . E sì, perché in questa enclave miracolosamente (in realtà volutamente, ed è una lunga storia che per essere narrata richiederebbe spazi e tempi propri) salvata di gusto e cultura e civiltà, il bello è sedersi l’uno di fianco all’altro come si faceva in tempi più gentili, lasciandosi pian piano invadere e permeare dal piacere della rilassatezza, dal bello della chiacchiera informale, dalla musicalità dei dialetti, dalla gioia che si può leggere negli occhi di chi sta scoprendo (soprattutto i molti turisti che sempre più frequentano questa cattedrale della bolognesità ormai introvabile altrove) un modo diverso e meno volgare di vivere la città. Una sola, sentita raccomandazione, prima della vostra visita. Avvicinatevi asl Sole con il rispetto e la gratitudine che si merita. Non è un posto qualsiasi, non offendetelo con una visita banale.

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