Basket: bene la Fortitudo, ancora una sconfitta per la Virtus

La cosa più bella del weekend baskettaro è senz’altro stato lo striscione che il popolo della Fortitudo ha voluto dedicare a quello che comunque rimane un mito dei tifosi, l’ex capitano Davide Lamma arrivato come allenatore di Mantova: Tifoso, giocatore, dirigente… sempre amato dalla tua gente!”.

E meno male, poi, che la Fortitudo, riuscendo a chiudere in un cassetto le mozioni di affetto ed i tanti ricordi, belli e brutti, ha vinto contro una scorbutica Mantova. Un punto solo, vabbè, ma un punto è quello che tante volte, ed in contesti ben più importanti, è bastato a fare la differenza.

Sono stati assegnati scudetti, Coppe Italia, si sono perse final four di Eurolega per un punto, un solo micragnoso punto. Quindi, quando quel punto serve a far sì che questo weekend di basket non sia da ricordare sotto i portici di BasketCity come uno dei più disturbanti delle ultime annate, ben venga quel misero punticino che ha permesso alla Fbiancoblu di portare a casa una partita che si è dimostrata, da subito, più complicata del prevedibile. All’intervallo lungo di metà partita, infatti, Mantova era in vantaggio di 8 punti ed ancora ad inizio ultimo quarto era in controllo con un ispirato Moraschini impegnato a giocare un proprio personalissimo derby (ma che sbaglierà il tiro della vittoria proprio allo scadere). Poi la panchina più lunga e grossa della Fortitudo ed un repentino cambio del metro arbitrale (non ci stancheremo mai di sottolineare come non ci sia cosa peggiore di un arbitro che ad un certo punto, sia pure in buona fede, decida di cambiare metro di giudizio falsando tutto ciò che è stato deciso fino a quel fischio) hanno riportato in quota la squadra di coach Boniciolli che ha potuto finalmente contare su un McCamey se non lucido ispiratore di gioco almeno arcigno combattente per una sera dalla mano buona.

Della Virtus, nota dolente, che dire? Surclassata, e lo si è visto subito dalla prima palla a due. Più piccola, più bassa, più leggera, meno profonda. Non uno dei mismatch a proprio favore (ed impietosa l’immagine di Slaughter, che non è propriamente un fuscello, che cercava di prendere posizione opposto a quella montagna umana che è Fesenko) e a questi livelli (ai livelli di Avellino, cioè) sono cose che si sentono e spostano. Poi, vero, Gentile junior ha fatto il solito ventello ma oggi è stato solo, drasticamente solo. Per battagliare queste guerre stellari (per usare una terminologia di quasi un ventennio fa), ce n’è di strada da fare. E forse è giusto quello che ha detto coach Ramagli (un altro che ha pagato a caro prezzo il confronto con Sacripanti, uno dei pochi, veri, top coach italiani) a fine gara: “… non parliamo di final eight perché se dobbiamo arrivarci e poi giocare così, forse è meglio non giocarla nemmeno …”.

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