E adesso la crisi (crisetta, vabbè) di BasketCity è certificata.
Certo ci sta perdere (la Fortitudo) in casa di Treviso, ad inizio campionato accreditata come una delle tre squadre (le altre essendo l’ancora imbattuta Trieste e, appunto, la F bolognese) che si sarebbero giocata l’unica promozione ed invece reduce da un campionato, fin qui, al 50% (5 vinte ed altrettante perse, con questa vittoria). E certo è endemico ritrovarsi col braccino (prendendo in prestito il termine al tennis) nei finali di partita per la Virtus, che ha ancora rischiato di perdere anche dopo aver condotto anche di 11 con Cremona (ma, per fortuna e senza voler offendere nessuno, Cremona non è Venezia o Milano e neanche solo Brindisi e così si è riusciti ad interrompere la serie negativa vincendo di 1 solo punto grazie ai 2 liberi segnati praticamente a babbo morto da un eroico Slaughter; e meno male che Milbourne, fin lì implacabile, ha sbagliato il più comodo degli appoggi in puro Rivers style).
La crisi, quella di cui parlo, è una crisi più profonda, più virale ed in quanto tale più rischiosa e più difficile da debellare. Perché la crisi di cui parlo riguarda le società ed in particolare le due dirigenze. Due dirigenze che, per le proprie interferenze con il settore tecnico, rischiano di essere il vero motivo destabilizzante delle rispettive formazioni.
Partiamo dalla Fortitudo, una squadra che ha una dirigenza inesistente che delega la rappresentanza della squadra al comparto tecnico, in particolare a coach Boniciolli, un allenatore, ed un uomo, che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Per l’esplosività del personaggio, sempre oltre ogni riga, per l’estemporaneità delle battute, per quell’essere sempre e comunque controcorrente, contro tutti e contro tutto, anche contro ogni logica, a volte (vorrei qui prendere a prestito alcune frasi di Andrea Barocci di Stadio: “… oltre 5000 persone accorse al PalaVerde per la sfida tra Treviso e Fortitudo. Hanno vinto i padroni di casa che schierano, per scelta, un solo americano e che a differenza dei bolognesi giocano di squadra, si passano la palla … merito di Stefano Pillastrini, allenatore che ha il brutto difetto di non amare esternazioni e dichiarazioni ad effetto, ad uso e consumo di tifosi e stampa compiacente e che non si è mai sognato di chiedere a se stesso ed agli altri perché anni fa non è stato chiamato lui, e non Pianigiani, sulla panchina dell’Italia …”. E che, indiscutibilmente, ha una gran parte di colpa nella costruzione di una squadra che, tecnicamente, non ha né capo né coda. Manca un play vero e manca un centro che si possa definire tale. McCamey è ottimo, ma è una guardia con punti nelle mani e tra i vari Chillo, Gandini, Bryan e Pini non se ne fa uno non dico buono, ma nemmeno accettabile. Ma comunque i tifosi della F possono stare tranquilli: arriverà il Rosselli appena ripudiato dall’altra sponda di BasketCity (e pagatelo sto benedetto buyout se davvero siete convinti dell’acquisto) e nulla si risolverà. Rosselli, sia chiaro, è un ottimo giocatore, forse il migliore o quantomeno quello di maggior peso specifico in un campionato come quello di Lega2 che lui ha vinto 3 volte negli ultimi 4 anni. Ed avrà una voglia matta di far ricredere chi non ha (sbagliando) creduto in lui. Ma è simile, troppo simile a tanti che già allegramente soggiornano sulla panca dell’aquila, i vari Italiano, Amici, Mancinelli, lo stesso Legion: tutti giocatori che più o meno, con una classe ed un atletismo più o meno simili, giocano in un ruolo simile a quello che andrà ad occupare il nuovo arrivato (a meno che il coach non voglia stupirci con effetti speciali …).
La Virtus, adesso. Che ha una dirigenza fin troppo invadente e che ha portato la guida tecnica della squadra ad una sorta di delegittimazione creando un’impasse tecnico/tattica dalla quale, francamente, crediamo sarà difficile uscire. I fatti sono noti: un allenatore (che si sarebbe voluto sostituire già in corso d’opera durante gli scorsi playoff promozione) e tenuto solo perché acclamato vincitore dal popolo dei tifosi; lo zoccolo duro della squadra confermato per lo stesso motivo, ma senza troppo credere in loro; una campagna acquisti scoppiettante ma più attenta al nome che alla effettiva necessità tecnica. Poi, chiaro, avere avuto in dote Aradori e Alessandro Gentile, Slaughter e Lafayette (tutti giocatori di primissimo livello e protagonisti in momenti e team diversi in Europa ai livelli più alti) è tanta roba. Ma anche in questo caso, si è peccato di un peccato capitale. Il nome prima del ruolo: anche in casa Vnera manca un play di ruolo (Lafayette è un ottimo attaccante, ma come ragionatore, l’esperienza milanese lo testimonia, non vale una LegaA di alto o medio/alto livello) e manca (mancava) un cambio dei lunghi; qui si inserisce una necessaria riflessione. Non si creda che aver aggiunto BaldiRossi (sfortunatissimo, appena entrato e già infortunato) abbia risolto i problemi: certo lui è un 4/5 di ruolo e non adattato come Rosselli, ma il cambio Rosselli/BaldiRossi, appunto, lascia comunque scoperta una pedina: nove si era prima e nove si rimane adesso. Per poter ragionevolmente pensare a vincere e non a non perdere come dichiarato dal presidente Bucci, servirà altro.
Certo ci sta perdere (la Fortitudo) in casa di Treviso, ad inizio campionato accreditata come una delle tre squadre (le altre essendo l’ancora imbattuta Trieste e, appunto, la F bolognese) che si sarebbero giocata l’unica promozione ed invece reduce da un campionato, fin qui, al 50% (5 vinte ed altrettante perse, con questa vittoria). E certo è endemico ritrovarsi col braccino (prendendo in prestito il termine al tennis) nei finali di partita per la Virtus, che ha ancora rischiato di perdere anche dopo aver condotto anche di 11 con Cremona (ma, per fortuna e senza voler offendere nessuno, Cremona non è Venezia o Milano e neanche solo Brindisi e così si è riusciti ad interrompere la serie negativa vincendo di 1 solo punto grazie ai 2 liberi segnati praticamente a babbo morto da un eroico Slaughter; e meno male che Milbourne, fin lì implacabile, ha sbagliato il più comodo degli appoggi in puro Rivers style).
La crisi, quella di cui parlo, è una crisi più profonda, più virale ed in quanto tale più rischiosa e più difficile da debellare. Perché la crisi di cui parlo riguarda le società ed in particolare le due dirigenze. Due dirigenze che, per le proprie interferenze con il settore tecnico, rischiano di essere il vero motivo destabilizzante delle rispettive formazioni.
Partiamo dalla Fortitudo, una squadra che ha una dirigenza inesistente che delega la rappresentanza della squadra al comparto tecnico, in particolare a coach Boniciolli, un allenatore, ed un uomo, che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Per l’esplosività del personaggio, sempre oltre ogni riga, per l’estemporaneità delle battute, per quell’essere sempre e comunque controcorrente, contro tutti e contro tutto, anche contro ogni logica, a volte (vorrei qui prendere a prestito alcune frasi di Andrea Barocci di Stadio: “… oltre 5000 persone accorse al PalaVerde per la sfida tra Treviso e Fortitudo. Hanno vinto i padroni di casa che schierano, per scelta, un solo americano e che a differenza dei bolognesi giocano di squadra, si passano la palla … merito di Stefano Pillastrini, allenatore che ha il brutto difetto di non amare esternazioni e dichiarazioni ad effetto, ad uso e consumo di tifosi e stampa compiacente e che non si è mai sognato di chiedere a se stesso ed agli altri perché anni fa non è stato chiamato lui, e non Pianigiani, sulla panchina dell’Italia …”. E che, indiscutibilmente, ha una gran parte di colpa nella costruzione di una squadra che, tecnicamente, non ha né capo né coda. Manca un play vero e manca un centro che si possa definire tale. McCamey è ottimo, ma è una guardia con punti nelle mani e tra i vari Chillo, Gandini, Bryan e Pini non se ne fa uno non dico buono, ma nemmeno accettabile. Ma comunque i tifosi della F possono stare tranquilli: arriverà il Rosselli appena ripudiato dall’altra sponda di BasketCity (e pagatelo sto benedetto buyout se davvero siete convinti dell’acquisto) e nulla si risolverà. Rosselli, sia chiaro, è un ottimo giocatore, forse il migliore o quantomeno quello di maggior peso specifico in un campionato come quello di Lega2 che lui ha vinto 3 volte negli ultimi 4 anni. Ed avrà una voglia matta di far ricredere chi non ha (sbagliando) creduto in lui. Ma è simile, troppo simile a tanti che già allegramente soggiornano sulla panca dell’aquila, i vari Italiano, Amici, Mancinelli, lo stesso Legion: tutti giocatori che più o meno, con una classe ed un atletismo più o meno simili, giocano in un ruolo simile a quello che andrà ad occupare il nuovo arrivato (a meno che il coach non voglia stupirci con effetti speciali …).
La Virtus, adesso. Che ha una dirigenza fin troppo invadente e che ha portato la guida tecnica della squadra ad una sorta di delegittimazione creando un’impasse tecnico/tattica dalla quale, francamente, crediamo sarà difficile uscire. I fatti sono noti: un allenatore (che si sarebbe voluto sostituire già in corso d’opera durante gli scorsi playoff promozione) e tenuto solo perché acclamato vincitore dal popolo dei tifosi; lo zoccolo duro della squadra confermato per lo stesso motivo, ma senza troppo credere in loro; una campagna acquisti scoppiettante ma più attenta al nome che alla effettiva necessità tecnica. Poi, chiaro, avere avuto in dote Aradori e Alessandro Gentile, Slaughter e Lafayette (tutti giocatori di primissimo livello e protagonisti in momenti e team diversi in Europa ai livelli più alti) è tanta roba. Ma anche in questo caso, si è peccato di un peccato capitale. Il nome prima del ruolo: anche in casa Vnera manca un play di ruolo (Lafayette è un ottimo attaccante, ma come ragionatore, l’esperienza milanese lo testimonia, non vale una LegaA di alto o medio/alto livello) e manca (mancava) un cambio dei lunghi; qui si inserisce una necessaria riflessione. Non si creda che aver aggiunto BaldiRossi (sfortunatissimo, appena entrato e già infortunato) abbia risolto i problemi: certo lui è un 4/5 di ruolo e non adattato come Rosselli, ma il cambio Rosselli/BaldiRossi, appunto, lascia comunque scoperta una pedina: nove si era prima e nove si rimane adesso. Per poter ragionevolmente pensare a vincere e non a non perdere come dichiarato dal presidente Bucci, servirà altro.
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