Lui un rosso impetuoso dal gusto intenso e generoso.
Lei effervescente naturale. Bionda e un po’ fatale.
Il matrimonio è stato felicemente celebrato 16 anni fa quando Concetta, napoletana di origine, dagli occhi verde mare, ha incontrato il signor Çobo, erede di un famiglia di avventurosi enologi e viticoltori della zona di Berat, il cuore verde dell’Albania, molto simile alla nostra Umbria, ma vicina al mare e addolcita dal suo clima.
Un luogo antichissimo dove i millenni sono scivolati senza alterare l’amenità del paesaggio e il carattere accogliente degli abitanti da sempre dediti ad un’attenta produzione di olio, viti, fichi, mandorle e agrumi. Negli ultimi decenni un progetto agricolo nazionale ha piantato 1.500.000 ulivi Kanina, un cultivar locale simile a quello di Salerno, che produce frutti sia da tavola sia per un ottimo olio delicato, che contende a quello di Elbasan, più simile all’olio umbro dal sapore intenso e fruttato, il favore dei consumatori.
Berat città di pietra dall’incredibile fascino ora dichiarata patrimonio Unesco è vicina al Tomorri, montagna da sempre considerata sacra. Adagiata sulle sponde del fiume Osumi e all’ombra di un immenso castello illirico, etrusco, bizantino, e ancora prima con tracce di mura pelasgiche è da secoli suddivisa in due eleganti quartieri disegnati in modo armonico e suggestivo.
Insomma Berat intriga con le sue vicende scritte e rivisitate da tanti autori e da genti di culture diverse, ma tutte attratte da un ambiente favorevole e forse affascinate dall’ebbrezza del vino che qui ha sempre abitato la Storia.
Vini da millenni amati e allevati in vigne che appaiono opere artistiche a scena aperta, dove il sole matura e dona un sapore di terra sana e profumata. La terra si chiama Tosk, come la Toscana, e forse i signori Tosk parenti degli Etruschi erano, come loro coltivatori di negrettino, antenato italiano di Sangiovese, Chianti e Brunello di Montalcino che da sempre a Berat si è chiamato Sheshi e Zi ( Vino rosso) mentre Sheshi e Bardhe è il bianco simile all’Albana romagnola ( ma guarda che strana somiglianza con Albania….. ).
Dopo questa digressione nelle comuni radici storiche, lasciando agli archeologi l’interrogativo di quale popolo sia andato o tornato per primo da quale sponda dell’Adriatico con i vitigni in barca, magari in compagnia di quel piccolo cane peloso portafortuna molto popolare già ai tempi romani in tutto il mediterraneo, che si chiama Bolognese, si ripete il ritornello popolare dalle mie parti….”Signora gradisce un po’ di bino rosso? (e Kuqe) …”No grazie io preferisco il bianco ( e Bardhe)”!
La festa della vendemmia è cominciata.
E che festa!
Quattrocento invitati vip da tutta l’Albania e oltre, amici di famiglia coltivatori e ambasciatori.
Tutti rigorosamente armati di un rosso contenitore di terracotta per i doverosi assaggi sono accolti personalmente dal signor Çobo e signora Çobo in abito tradizionale bordato d’oro zecchino. .
La festa sul far della sera si è snodata nei vigneti fra musiche popolari e carri trascinati da buoi, è proseguita nella Kulla, un edificio preposto alla raccolta dei prodotti agricoli per continuare con gare di pestaggio nei tini e interminabili danze circolari balcaniche fra orci e botti usati come tavolini.
I proprietari della cantina Çobo producono vino da numerose generazioni, ma con alterne vicende dovute alle declinazioni politiche che hanno curvato il paese per parecchi decenni.
Il comunismo nel 1945 causò una sosta forzata quando prese il potere perchè le imprese private non erano legali. Ma Mehammer Cobo dopo aver imparato raffinate tecniche di miglioramento dei vitigni in Italia ha coraggiosamente ripreso una piccola produzione che ha attualmente raggiunto le 100.000 bottiglie.
Tutto il vino è prodotto e imbottigliato in Albania da cinque tipologie: Merlot, Trebbiano, Kashmer, Shesh i Zi e Shesh i Bardhë (il Bianco di Berat), a cui si aggiungono due grappe raki, quella alle noci e quella pura.
No questi non sono vini in purezza perché Kalmet è l’incontro di uve Cabernet e Merlot e il Kasher di Cabernet e Shirah; ma come sempre nei Balcani le scale da percorrere per risalire alle origini sono lunghissime e con tanti incroci. A Vinitaly, la fiera superstar di Verona, occorrerebbe creare una sezione speciale per i vitigni balcanici e i loro prodotti perché i criteri di qualità vivono qui addizioni e contaminazioni che forse ci riportano ai metodi usati nei tempi antichi e alcuni paradigmi dei sommelier verrebbero corretti o contraddetti.
E comunque dissertando sulla questione della degustazione la differenza fra Vere bardhe e Vere e Kuqe l’ho imparata subito, anche perché il legame che lega noi padani emiliani con i cugini etruschi albanesi forse è un segreto molto misterioso, ma questa festa ricorda tanto le nostre felici saghe d’autunno dove piace viaggiare di vino in canto.
Ura Vajgurore
Berat, Albania
tel: +355 3612 2088
fax: +355 3612 2907
mob: +355 67 40 70562
+355 67 40 63115
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Lei effervescente naturale. Bionda e un po’ fatale.
Il matrimonio è stato felicemente celebrato 16 anni fa quando Concetta, napoletana di origine, dagli occhi verde mare, ha incontrato il signor Çobo, erede di un famiglia di avventurosi enologi e viticoltori della zona di Berat, il cuore verde dell’Albania, molto simile alla nostra Umbria, ma vicina al mare e addolcita dal suo clima.
Un luogo antichissimo dove i millenni sono scivolati senza alterare l’amenità del paesaggio e il carattere accogliente degli abitanti da sempre dediti ad un’attenta produzione di olio, viti, fichi, mandorle e agrumi. Negli ultimi decenni un progetto agricolo nazionale ha piantato 1.500.000 ulivi Kanina, un cultivar locale simile a quello di Salerno, che produce frutti sia da tavola sia per un ottimo olio delicato, che contende a quello di Elbasan, più simile all’olio umbro dal sapore intenso e fruttato, il favore dei consumatori.
Berat città di pietra dall’incredibile fascino ora dichiarata patrimonio Unesco è vicina al Tomorri, montagna da sempre considerata sacra. Adagiata sulle sponde del fiume Osumi e all’ombra di un immenso castello illirico, etrusco, bizantino, e ancora prima con tracce di mura pelasgiche è da secoli suddivisa in due eleganti quartieri disegnati in modo armonico e suggestivo.
Insomma Berat intriga con le sue vicende scritte e rivisitate da tanti autori e da genti di culture diverse, ma tutte attratte da un ambiente favorevole e forse affascinate dall’ebbrezza del vino che qui ha sempre abitato la Storia.
Vini da millenni amati e allevati in vigne che appaiono opere artistiche a scena aperta, dove il sole matura e dona un sapore di terra sana e profumata. La terra si chiama Tosk, come la Toscana, e forse i signori Tosk parenti degli Etruschi erano, come loro coltivatori di negrettino, antenato italiano di Sangiovese, Chianti e Brunello di Montalcino che da sempre a Berat si è chiamato Sheshi e Zi ( Vino rosso) mentre Sheshi e Bardhe è il bianco simile all’Albana romagnola ( ma guarda che strana somiglianza con Albania….. ).
Dopo questa digressione nelle comuni radici storiche, lasciando agli archeologi l’interrogativo di quale popolo sia andato o tornato per primo da quale sponda dell’Adriatico con i vitigni in barca, magari in compagnia di quel piccolo cane peloso portafortuna molto popolare già ai tempi romani in tutto il mediterraneo, che si chiama Bolognese, si ripete il ritornello popolare dalle mie parti….”Signora gradisce un po’ di bino rosso? (e Kuqe) …”No grazie io preferisco il bianco ( e Bardhe)”!
La festa della vendemmia è cominciata.
E che festa!
Quattrocento invitati vip da tutta l’Albania e oltre, amici di famiglia coltivatori e ambasciatori.
Tutti rigorosamente armati di un rosso contenitore di terracotta per i doverosi assaggi sono accolti personalmente dal signor Çobo e signora Çobo in abito tradizionale bordato d’oro zecchino. .
La festa sul far della sera si è snodata nei vigneti fra musiche popolari e carri trascinati da buoi, è proseguita nella Kulla, un edificio preposto alla raccolta dei prodotti agricoli per continuare con gare di pestaggio nei tini e interminabili danze circolari balcaniche fra orci e botti usati come tavolini.
I proprietari della cantina Çobo producono vino da numerose generazioni, ma con alterne vicende dovute alle declinazioni politiche che hanno curvato il paese per parecchi decenni.
Il comunismo nel 1945 causò una sosta forzata quando prese il potere perchè le imprese private non erano legali. Ma Mehammer Cobo dopo aver imparato raffinate tecniche di miglioramento dei vitigni in Italia ha coraggiosamente ripreso una piccola produzione che ha attualmente raggiunto le 100.000 bottiglie.
Tutto il vino è prodotto e imbottigliato in Albania da cinque tipologie: Merlot, Trebbiano, Kashmer, Shesh i Zi e Shesh i Bardhë (il Bianco di Berat), a cui si aggiungono due grappe raki, quella alle noci e quella pura.
No questi non sono vini in purezza perché Kalmet è l’incontro di uve Cabernet e Merlot e il Kasher di Cabernet e Shirah; ma come sempre nei Balcani le scale da percorrere per risalire alle origini sono lunghissime e con tanti incroci. A Vinitaly, la fiera superstar di Verona, occorrerebbe creare una sezione speciale per i vitigni balcanici e i loro prodotti perché i criteri di qualità vivono qui addizioni e contaminazioni che forse ci riportano ai metodi usati nei tempi antichi e alcuni paradigmi dei sommelier verrebbero corretti o contraddetti.
E comunque dissertando sulla questione della degustazione la differenza fra Vere bardhe e Vere e Kuqe l’ho imparata subito, anche perché il legame che lega noi padani emiliani con i cugini etruschi albanesi forse è un segreto molto misterioso, ma questa festa ricorda tanto le nostre felici saghe d’autunno dove piace viaggiare di vino in canto.
Ura Vajgurore
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