Ma voi ci credete agli angeli? Gli angeli, non quelli biondi e trinaricciuti che circondano Crozza nel suo spot del caffè, ma quelli veri, quelli con le ali, quelli che ci proteggono (solo quelli custode, però), quelli che inneggiano al signore in un coro di suoni e un tripudio di luci che solo in paradiso.
Io non so se ci credo. So che a volte, tante volte, mi è capitato di parlare a qualcuno che non ero io e che non era nessuno, lo faccio quando sono triste, solo, e alla fine; lo faccio per un consiglio, per sfogarmi, per imprecare e bestemmiare anche, ma più per chiedere perché. Succede sempre quando c’è qualcosa che non va, quando qualcosa non so o non riesco a spiegarmelo. Oppure quando sono felice, quando sono proprio felice, anche allora mi capita di parlare da solo, ma poi non è come fossi solo veramente, è più come ci fosse qualcuno con me, qualcuno che nemmeno io vedo, ma è come lo sentissi, è come lo percepissi, qui, o lì, vicino a me, in grado di sentirmi, capace di capirmi, ma non come Clarence Oddbody, l’angelo di 3^ classe interpretato da Henry Travers ne “La vita è meravigliosa” di Frank Capra (il film di Natale per eccellenza ché, da quando non lo trasmettono più, Natale è un po’ meno Natale), che per aver compiuto la sua missione di custodia nei confronti di James Stewart/ George Bailey riceverà le ali quelle di 2° grado ed allora “… la campanella suonerà …” e nemmeno come Bruno Ganz/Damiel e Otto Sander/Cassiel de “Il cielo sopra Berlino”, così eleganti, così ieratici, così stilisticamente irraggiungibili. Ė qualcosa di più intimo, molto più intimo, qualcosa che viene quando hai bisogno, e che quando è finita, ti lascia, mi lascia, un che di sereno e di compiuto. Certo, spiegazioni scientifiche, ma più psicologiche, per questo tipo di sentire ce ne sono. In fondo siamo tutti, o almeno sono io, cattolici e per vecchie abitudini familiari siamo stati battezzati, confessati, cresimati, comunicati (e qualcosa della antica mistica sarà rimasto). Non so, non ho la capacità, la cultura, l’istruzione specifica per entrare nel dettaglio.
Adesso, un’amica, Elena Boscos, mi ha regalato un suo piccolo libro, “Angeli in controluce” edito da Pendragon, e in qualche minimo modo mi ci ritrovo, o almeno ritrovo qualcosa di quello che ho cercato di descrivere. Intendiamoci. Io non so nemmeno di cosa stia parlando. Lei, Elena, invece lo sa bene. Ha attraversato il mondo per studiare, per capire. Parla il greco, il tedesco, l’inglese, lo spagnolo. In Germania si è laureata e si è avvicinata alle scienze Sacre, la storia delle religioni, tutto ciò che fa parte di un orientamento olistico della persona e si è specializza in Radiestesia e Angelologia. È stata in India e Nepal per approfondire tecniche di meditazione orientale. È andata negli Stati Uniti per perfezionare il linguaggio corporeo e meditativo occidentale, seguendo stage di teatro sperimentale, meditazione, yoga e rilassamento. Raggiunto il titolo di Master Reiki lavora come libera professionista in relazioni di aiuto con consulenze individuali e lavori di gruppo concentrando i suoi interventi sulle energie sottili che condizionano l’essere umano e analizzando le eredità ancestrali e le situazioni create dai pensieri e dalle azioni della persona autonomamente. Con questo suo “Angeli in controluce", che tutto è tranne che un trattato di teologia, ma piuttosto un compendio che aiuta ad avvicinare il suo pensiero, ha voluto testimoniare come gli angeli, che sarebbero dappertutto attorno a noi, abbiano il compito di facilitarci il cammino, aiutandoci a vivere nel modo più gioioso e armonioso possibile, nel benessere e nella tranquillità aiutandoci ad allontanarci dai ritmi compulsivi del mondo contemporaneo, dominato dai falsi idoli del denaro e del potere. Sicuramente una visione, ed una lettura, spiazzanti, e non certo per la qualità della scrittura che, anzi, è piana e piacevole e scorrevole, quasi ipnotica. È l’essere posti di fronte a se stessi, un se stessi oramai dimenticato, e a ciò in cui credevamo o in cui credevamo di credere tanto tempo fa, che crea uno strano stato di sazietà mentre si procede nella lettura. E anche se, come avverte l’autrice, credere in loro, negli angeli, pur restando un presupposto importante non è una condizione necessaria ai fini della lettura, bè riuscire a raggiungere un livello di purezza del cuore, e della mente, come quello di quando si era bambini, sono certo aiuterebbe.
Io non so se ci credo. So che a volte, tante volte, mi è capitato di parlare a qualcuno che non ero io e che non era nessuno, lo faccio quando sono triste, solo, e alla fine; lo faccio per un consiglio, per sfogarmi, per imprecare e bestemmiare anche, ma più per chiedere perché. Succede sempre quando c’è qualcosa che non va, quando qualcosa non so o non riesco a spiegarmelo. Oppure quando sono felice, quando sono proprio felice, anche allora mi capita di parlare da solo, ma poi non è come fossi solo veramente, è più come ci fosse qualcuno con me, qualcuno che nemmeno io vedo, ma è come lo sentissi, è come lo percepissi, qui, o lì, vicino a me, in grado di sentirmi, capace di capirmi, ma non come Clarence Oddbody, l’angelo di 3^ classe interpretato da Henry Travers ne “La vita è meravigliosa” di Frank Capra (il film di Natale per eccellenza ché, da quando non lo trasmettono più, Natale è un po’ meno Natale), che per aver compiuto la sua missione di custodia nei confronti di James Stewart/ George Bailey riceverà le ali quelle di 2° grado ed allora “… la campanella suonerà …” e nemmeno come Bruno Ganz/Damiel e Otto Sander/Cassiel de “Il cielo sopra Berlino”, così eleganti, così ieratici, così stilisticamente irraggiungibili. Ė qualcosa di più intimo, molto più intimo, qualcosa che viene quando hai bisogno, e che quando è finita, ti lascia, mi lascia, un che di sereno e di compiuto. Certo, spiegazioni scientifiche, ma più psicologiche, per questo tipo di sentire ce ne sono. In fondo siamo tutti, o almeno sono io, cattolici e per vecchie abitudini familiari siamo stati battezzati, confessati, cresimati, comunicati (e qualcosa della antica mistica sarà rimasto). Non so, non ho la capacità, la cultura, l’istruzione specifica per entrare nel dettaglio.
Adesso, un’amica, Elena Boscos, mi ha regalato un suo piccolo libro, “Angeli in controluce” edito da Pendragon, e in qualche minimo modo mi ci ritrovo, o almeno ritrovo qualcosa di quello che ho cercato di descrivere. Intendiamoci. Io non so nemmeno di cosa stia parlando. Lei, Elena, invece lo sa bene. Ha attraversato il mondo per studiare, per capire. Parla il greco, il tedesco, l’inglese, lo spagnolo. In Germania si è laureata e si è avvicinata alle scienze Sacre, la storia delle religioni, tutto ciò che fa parte di un orientamento olistico della persona e si è specializza in Radiestesia e Angelologia. È stata in India e Nepal per approfondire tecniche di meditazione orientale. È andata negli Stati Uniti per perfezionare il linguaggio corporeo e meditativo occidentale, seguendo stage di teatro sperimentale, meditazione, yoga e rilassamento. Raggiunto il titolo di Master Reiki lavora come libera professionista in relazioni di aiuto con consulenze individuali e lavori di gruppo concentrando i suoi interventi sulle energie sottili che condizionano l’essere umano e analizzando le eredità ancestrali e le situazioni create dai pensieri e dalle azioni della persona autonomamente. Con questo suo “Angeli in controluce", che tutto è tranne che un trattato di teologia, ma piuttosto un compendio che aiuta ad avvicinare il suo pensiero, ha voluto testimoniare come gli angeli, che sarebbero dappertutto attorno a noi, abbiano il compito di facilitarci il cammino, aiutandoci a vivere nel modo più gioioso e armonioso possibile, nel benessere e nella tranquillità aiutandoci ad allontanarci dai ritmi compulsivi del mondo contemporaneo, dominato dai falsi idoli del denaro e del potere. Sicuramente una visione, ed una lettura, spiazzanti, e non certo per la qualità della scrittura che, anzi, è piana e piacevole e scorrevole, quasi ipnotica. È l’essere posti di fronte a se stessi, un se stessi oramai dimenticato, e a ciò in cui credevamo o in cui credevamo di credere tanto tempo fa, che crea uno strano stato di sazietà mentre si procede nella lettura. E anche se, come avverte l’autrice, credere in loro, negli angeli, pur restando un presupposto importante non è una condizione necessaria ai fini della lettura, bè riuscire a raggiungere un livello di purezza del cuore, e della mente, come quello di quando si era bambini, sono certo aiuterebbe.
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