Basket city riapre

Inizia in maniera discordante (e dissonante, volendo) il campionato delle due bolognesi. La Fortitudo, infatti, sbanca il “Taliercio” di Udine, campo storicamente ostico e difficile da violare per chiunque, nonostante un roster ininfluentemente ridotto (praticamente mancavano il solo Fultz, play di rincalzo e l’ancora oggetto misterioso Amici) nonostante la vecchia, consolidata e stucchevole propensione al piagnisteo di coach Boniciolli facesse temere ben altri sommovimenti. La Virtus, incoronata un po’ precipitosamente regina del mercato, ha perso invece male, anche se di soli 4 punti, a Trento, nuova nobile del decaduto basket forse erroneamente ritenuto maggiore. Dico male perché aver perso dopo aver conseguito vantaggi anche cospicui (+11 al termine del 3° quarto) conferma il preoccupante trend negativo già mostrato in preseason: ad una partenza vivace e corroborata dalla classe dei nuovi innesti, fa ineludibilmente seguito un calo di atletismo e concentrazione che ha, fin qui, portato inevitabilmente alla sconfitta (non a caso le sfide di approccio al campionato hanno sancito quattro sconfitte su nove partite giocate con team di pari livello tra cui quelle con Sassari e Reggio sono state la fotocopia di questa iniziale con Trento: dominate fino a poco più di 5 minuti dalla fine e poi perse in volata). Certo, scusanti ce ne sono e non sono né poche né di poco conto: una squadra costruita praticamente exnovo che non ha potuto contare sui giocatori più prestigiosi e difficili da assemblare come Gentile (Alessandro) e Aradori per quasi tutta la preparazione (Gentile per un guaio muscolare, Aradori perché impegnato al recente Europeo) proprio nel momento della conoscenza reciproca e della costruzione di quegli automatismi indispensabili per giocare ai livelli che tutti si auspicano.

Certo, poi, nessuno può, deve, pensare che la Virtus solo per il blasone e per i nomi che ha in roster debba e possa vincere tutte le partite, soprattutto una come questa iniziale in casa di Trento, ultima e sfortunatissima finalista dello scorso campionato. Una sconfitta del genere ci può stare, nel corso di una annata che si preannuncia lunga e dura, e ci deve stare soprattutto nella mente dei tifosi che tanto si aspettano da questa squadra, ma tanto anche, devono, dovranno dare, in termini di vicinanza e sostegno.

Inizi del tutto dissimili, dicevamo all’inizio. Ma quali possono, ragionevolmente, essere le aspettative di chi segue le due bolognesi?

La Virtus, innanzi tutto e non solo per la frequentazione del piano di sopra.

Il roster è invidiabile. Ai califfi dell’anno passato, l’anno della splendida cavalcata, della trionfale risalita, Umeh, Lawson, Rosselli, Ndoja, Stefano Gentile e dei confermatissimi giovani in rampa di lancio Pajola e Petrovic (e dopo aver con lungimiranza mandato altrove a provarsi da titolari o quasi seppur in serie minore i promettenti Oxilia e Penna) ha aggiunto veri crack come i vari Aradori, Alessandro Gentile, Lafajette e Slaughter, tutti giocatori che possono vantare passati importanti, vittorie prestigiose ed esperienze internazionali e la freschezza del millenial Juraktam, un’ala estone classe 2000 di cui, siamo sicuri, si sentirà parlare a breve. Il mix, intrigante ma pericoloso, resta interessante ma ha necessità di un assemblaggio forse lungo e sicuramente laborioso. E prevede la disponibilità di tutti, di chi, abituato a cantare da gallo padrone, dovrà abituarsi a dividere spazi minuti e tiri con altri primattori e anche di chi, scopertosi forse a sorpresa primattore a sua volta, dovrà rientrare nei ranghi del comprimario, comprimario di classe e sostanza, certo, ma sempre comprimario. Ramagli, l’anno passato, ha lavorato bene, benissimo, in un ambiente improvvisamente scopertosi esigente e quanto. Ma la sensazione è che la figura di riferimento per tutti, dirigenza, tifosi e principalmente squadra, sarà, una volta di più, il grande vecchio Alberto Bucci.

Il pronostico, un pronostico oggettivo, prevede l’ingresso facile ai playoff (ma non, forse, alle finaleight di CoppaItalia). Poi, con un po’ di fortuna, vedi Venezia e la stessa Trento dell’anno passato, semifinali e finale possono non essere sogni proibiti.

La Fortitudo adesso. Un nuovo mainsponsor (Consultinvet) scippato ad un team di livello superiore (Pesaro) la dice lunga sull’appeal che la seconda squadra bolognese esercita sull’immaginario del popolo del basket non solo cittadino. E giustamente, se solo si pensa al bacino di utenza certificato degnamente dagli oltre quattromila abbonati che per la seconda volta consecutiva sanciranno il soldout per tutto il campionato appena iniziato (con una robusta e convincete vittoria, ricordiamo). Il roster, allora. Disfacendo e contraddicendo una filosofia che oramai sembrava assodata, e lasciati fuggire altrove i giovani più promettenti, largo ai vecchi. Il nuovo corso voluto dall’onemancoach Boniciolli, infatti, ha visto ingaggiare onesti mestieranti e vecchi cavalli di ritorno (senza pedigree) come Robert Fultz, Matteo Chillo, Giovanni Pini e, ciliegina sulla torta del tempo che fu, Bryan Sylvere. Comparse che vanno ad assommarsi ad altre comparse, Italiano e Gandini tra tutti, e che dovranno riuscire ad ergersi a protagonisti o almeno deuteragonisti sperando che le star designate, i vari Mancinelli, Daniele Cinciarini e Legion riescano a legare al più presto con le nuove, ed attese vedettes Amici e principalmente McCamey, francamente un lusso per la categoria (da non sottovalutare l’appoggio che potrà pervenire dai giovani, inaspettati, Morabito e Montanari). Sperando che le sorti della squadra non debbano dipendere troppo dalla coppia Legion/McCamey, sulla carta la più letale di tutta la lega, e che i vecchietti speriamo terribili reggano fino in fondo, la riffa della promozione potrebbe avere già la sua favorita (ancora quest’anno una sola promozione, e questa squadra, per oggettiva anzianità, non potrà certo essere presentata l’anno successivo). Un aiuto ulteriore potrebbe essere dato, ed è detto senza intenti polemici, dalla decisione di Boniciolli di assumere un ruolo più defilato demandando ad altri il compito, per lui ingrato e innesto spesso di polemiche, della presentazione e della disamina pubblica dei match.

Infine, una nota di colore. Vabbè che la proprietà Kontatto produce, dovrebbe, moda. Ma è proprio necessario inventare magliette così brutte? Quella di quest’anno fa rimpiangere amaramente quella a pois dell’anno passato. Ed è tutto dire …

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