Un Fois sempre incompiuto

Il mondo degli scrittori è quanto di più vario e composito si possa immaginare. Ci sono scrittori che pubblicano e scrittori che non riescono a farlo; scrittori che per imperscrutabili motivi vengono sopravalutati al di là di ogni oggettiva loro capacità e scrittori che, pur confortati da ottimi numeri di vendita, vengono considerati poco più di onesti mestieranti; scrittori che, pur di promuoversi, impiegano tutto il tempo tra un’ospitata, un talkshow, un’intervista e non trovano più tempo per scrivere e scrittori che si rinchiudono in una personalissima torre d’avorio, sicuri di se stessi ed indifferenti al mondo tutt’intorno; scrittori che scrivono e scrittori che raccontano di scrivere. In Italia, poi, tutto questo è portato all’eccesso e, visto che in Italia ci troviamo, naturalmente, gli scrittori più incensati, riconosciuti, considerati sono anche quelli che meno avrebbero da dire. Esempi ce ne sono a iosa: ad esempio, per l’appunto, qualcuno ha letto, e nel caso ricorda, Nicola LaGioia, autore del dimenticato e dimenticabile premio Strega 2015, “La Ferocia”, e oggi direttore del Salone del Libro di Torino? Certo, non tutti possono vedere ricompensata la propria arte in maniera talmente vistosa (soprattutto se non si può contare su uno sponsor eccellente), Ma comunque, niente paura; se va proprio male, si può sempre ripiegare su un contratto di collaborazione con uno dei due grandi quotidiani nazionali, Repubblica e Corriere: è il caso del vincitore dello Strega 2017, Paolo Cognetti (“Le otto montagne”) e dello sconosciuto, prima che il mercato dei grandi editori decidesse essere arrivato il momento di un nuovo, ennesimo ed effimero, caso letterario, Luca D’Andrea autore dell’ormai datato “La sostanza del male”. Visto però che il discorso era partito, per poi perdersi in mille rivoli inafferrabili, dagli scrittori molto tenuti in considerazione pur non avendo nulla, o quasi, a giustificare tale nomea, il caso più eclatante (secondo me; ogni opinione e parere discordante è altrettanto stimabile) è rappresentato da Marcello Fois, uno scrittore da sempre in lotta con se stesso nella ricerca di quello che vorrebbe essere il perfetto G.R.I. (Grande Romanzo Italiano). Tutte le strade, le scritture, sono state esplorate per perseguire questo obbiettivo: il giallo (che appena regalatogli una minima riconoscibilità, è stato prontamente declassato come incidente di gioventù), la scrittura a più mani, il romanzo diaristico, quello storico, quello dialettale (nel suo caso, il sardo, assai inflazionato).
Lampante esemplificazione di quanto espresso, questo “Del dirsi addio“ appena edito da Einaudi.
La storia, riportando dalla 4^ di copertina “… un bambino di undici anni sparisce nel nulla in una Bolzano diafana. Intorno a lui, scheggiato e vivo, il mondo degli adulti, in cui nessuno può dirsi innocente e forse nemmeno del tutto colpevole. Al commissario Sergio Striggio per inciampare nella verità sarà necessario scavare a fondo dentro se stesso, ed essere disposto a una distrazione ininterrotta. A vivere appieno i sentimenti che prova, per una donna e soprattutto per un uomo. A stilare un elenco di cose bellissime. Ad accompagnare un padre ingombrante nel suo ultimo viaggio e a ripensarsi bambino. Perché solo imparando a cambiare punto di vista è possibile chiudere i cerchi e non farsi ingannare da un gioco di specchi ...”. Come si vede, e nonostante il buon lavoro degli esperti di marketing, tutto già letto, già digerito, già dimenticato. In più, di suo, Fois ci mette una pesantezza di fondo che, ben lungi dal coinvolgere il lettore stimolandolo a cercare percorsi di lettura alternativi, si rivela tristemente per quello che è: un escamotage non riuscito che a malapena riesce a mascherare una mancanza di idee e di motivazioni indiscutibili.
Certo, a molti lettori improvvisati, quelli per intendersi che acquistano lasciandosi sviare dalla posizione privilegiata negli scaffali delle librerie o dalle recensioni prezzolate su settimanali, quotidiani e media in genere (per non parlare di quelle del web …) piace, inconsapevolmente certo, farsi prendere in giro. Il problema, per Fois, è che continuando a costruirsi come il futuro G.S.I. (Grande Scrittore Italiano) e a sforzarsi di scrivere di conseguenza (se sei il Musil de “L’uomo senza qualità” ogni lungaggine sovrastrutturale ci sta; se sei Fois e per la descrizione di un qualunque banale accadimento impieghi pagine e pagine …), l’unico che rischia di essere preso in giro dai suoi romanzi è lui stesso.

Commenti