Tre storie di ordinaria tracotanza

Siamo in estate. Non fosse stato il caldo soffocante dei giorni scorsi a ricordarcelo, per rendersene conto basterebbe sfogliare un qualunque quotidiano (nessuna notizia di politica, nessun riferimento a casi di nazionale necessità, nessun allarme sull’andamento della borsa e di uno dei suoi incomprensibili indici; persino le notizie di cronaca nera latitano, quasi assassini, stupratori, truffatori, ladri fossero andati anche loro in vacanza). E se poi ci si collegasse ad un qualunque social, le cose non cambierebbero di un ette; anche lì, infatti, i politologi e i tuttologi di cui il web normalmente straripa, sempre così pronti a pontificare, spiegare, instillare dubbi, sobillare (come se qualcuno potesse essere convinto dalle loro profondissime e strabilianti riflessioni) sono improvvisamente scomparsi: nessun commento, nessun hate, niente di niente, quasi la canicola abbia dissolto le tastiere oltre che le menti (ahi, quanto ci manchi Napalm51…).
Restano così solo notizie sparse, inconcludenti nella loro futilità, alcune delle quali, però, significative dell’arroganza e della protervia di chi, a torto o a ragione (ma quando mai può essercene ragione), si crede un VIP.
Ne abbiamo estrapolate tre, tre storie del tutto dissimili tra loro, del tutto imparagonabili. Ma che, tutte, testimoniano della tracotanza di chi si ritiene nonostante tutto al di sopra di tutto.
La prima, non può che riguardare la fidanzatina d’Italia (l’ennesima, sono tutte fidanzate d’Italia, quando vincono) Sara Errani. Che, giocandosi una credibilità ed un rispetto che si credevano ormai assodati, e lontanissima dalla sua immagine tutta sport e salute, si è fatta beccare con le mani immerse nello sterminato vasetto dei dopanti sportivi.
Fin qua, niente da eccepire: ti dopi, ti beccano, ti squalificano. Non contenta però di essere stata sospesa dalla propria federazione per pochi mesi (a differenza di un collega maschio, squalificato per lo stesso motivo per due anni), la Errani si ricorda di essere italiana e, organizzata una conferenza stampa per commentare l’accaduto, cosa c’è di più italiano di una bella lacrimuccia (molte lacrimucce) mentre le domande infuriano? Non contenta, ecco il coup de theatre italiano per eccellenza: spunta la mamma. Una mamma malata (attenzione, su questo fatto, sul fatto che la signora sia malata, NON si possono e devono sollevare dubbi o facili ironie) che, distratta, lascia cadere nell’impasto della sfoglia per i tortellini che sta preparando per la golosissima figlia una pastiglia della sua cura. Una pastiglia dimenticata che cade nella farina con cui si sta preparando la sfoglia? Rendendosi conto dell’enormità della scusa (e dopo che il web ha riempito pagine e pagine di battute la più clemente delle quali è: “… dai Sara, te l’avevo detto di non farti preparare i tortellini dalla mamma di Lance Armostrong …”), la tennista si ricrede e dichiara che, in fondo “… il letrozolo (un trattamento adiuvante del carcinoma mammario) non è doping per le donne …” opportunamente dimenticando, però, che una pesista coreana è stata squalificata per quattro anni per lo stesso motivo (si vede da una federazione meno compiacente). Della serie quando un bel tacer non fu mai scritto …
La seconda storiella riguarda un uomo politico, un sindaco. Il sindaco di Viareggio, Giorgio del Ghingaro (nomen omen?). Se qualcuno non sapesse chi è costui, Del Ghingaro è un esperto tributario membro della Commissione Ministeriale per gli Studi di Settore presso il Ministero delle Finanze; transfuga dal PD, è stato eletto sindaco di Viareggio a capo di una coalizione di cinque liste civiche. Fin qui, il profilo (è un grande fruitore dei più diffusi social, FaceBook innanzi tutto) ufficiale. Ai più, però, può giovare, per identificarlo, ricordare come, in questa estate infuocata anche al mare, sia stato il promotore di un’ordinanza secondo la quale ogni ragazza che passeggi sul lungomare in bikini può essere multata (come pure i ragazzi che le imitano passeggiando in costume e a torso nudo). Giusto? Sbagliato? Non importa, non è questa la sede per discuterne. Quello che importa, importa a noi, è che a Viareggio, imposta da Del Ghingaro, c’è una regola (giusta o sbagliata, ripetiamo, non importa) e la regola va rispettata.
Tutto bene? Non proprio: infatti, un paio di giorni fa, Del Ghingaro denuncia, sul suo prediletto FaceBook, la grave umiliazione subita quando è stato allontanato dal ristorante del Circolo velico Versilia.
Il perché? Semplicissimo: il non rispetto di una regola. Una regola, anche questa giusta o sbagliata non interessa, che impone ai frequentatori del locale un preciso dress code che esclude i bermuda. L’allontanamento sarebbe cioè scattato quando alcuni altri avventori (honny soit qui mal y pense) avrebbero fatto notare all’imbarazzato personale di sala l’inadeguatezza della mise del sindaco che, appunto, vestiva in pantaloncini corti.
Ora, a parte che dalle foto prontamente postate sembra davvero che si sia vestito al buio, l’arroganza, la protervia, l’italica tentazione del lei non sa chi sono io, fanno prontamente capolino dalle dichiarazioni dello stesso quando si è precipitato a dichiarare che l’umiliazione è stata gratuita, visto che non era davvero vestito male, elencando, a suffragio della sua tesi, il costo dei vari capi d’abbigliamento (camicia 250€, scarpe 350, i famigerati bermuda 250). Confermando in tal modo non certo l’ingiustizia del suo allontanamento (siamo al mare, a Viareggio, sul porto, vorrei vederli gli elegantoni che frequentano il Circolo velico) che sa tanto di ripicca, ma perdendo un’ottima occasione di tacere sulla propria cafonaggine ed arroganza.
Per ultimo, ma non certo ultimo, della serie, abbiamo tenuto il non plus ultra dell’italica propensione ad incensare parvenues di ogni ordine e grado. Ora, Gianluca Vacchi non è certo un parvenue, un arricchito (anche se ne mantiene ed anzi ne ingigantisce la propensione alla cafonaggine sguaiata e ridicola). Erede dinastico di una delle grandi famiglie dell’imprenditoria bolognese, è azionista e consigliere di IMA, la multinazionale del packaging … anche se non ha deleghe e non si occupa direttamente della gestione aziendale …: insomma, una sorta di Emiro (proprio lui, quel Giorgio Seragnoli che venne tenuto lontano dalle aziende di famiglia interessandolo al giochino Fortitudo di inizio millennio) moltiplicato alla enne.
Ma perché parliamo di Vacchi, l’uomo enjoy per antonomasia? Perché l’uomo crionico (pare che per mantenersi in forma si iberni giornalmente a -110°; una pratica non così inusuale in atleti e superatleti che la praticano non più di un paio di minuti sotto stretto controllo medico; lui, invece, nel giardino di casa, da solo ed anche per 6/7 minuti …), saputo del pignoramento di beni per 10 milioni di euro ottenuto da Banco BPM, pignoramento che riguarda il suo megapanfilo, alcune ville di proprietà, tutta una serie di macchine di lusso nonché azioni e quote del Golf Club di Castenaso, cosa fa? Si fa immortalare nell’ennesimo video enjoy subito postato sugli immancabili profili social per la gioia dei suoi 10.000.000 (diecimilioni) di followers su Instagram e 1.650.000 (unmilioneseicentocinquantamila) su FaceBook, mentre sale su un jet privato dando a tutti appuntamento a Ibiza dove suonerà (lui è un, pare apprezzato, dj) per il modico compenso di 24.000 (ventiquattromila) euro all’ora …
In realtà, se si cercasse una morale, la morale non c’è. D’altronde, come non capire (non giustificare attenzione) e forse un po’ invidiare, la massa che segue personaggi del genere? Personaggi che sono senza dubbio arroganti, in malafede, cafoni. Ma se gli stupidi non fossero loro?

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