E se di classici si parla, ecco che un altro libro, una raccolta di racconti, si propone prepotente tra le novità (Rizzoli, 2017) di questa calda estate: “Per te morirei” di Francis Scott Fitzgerald. Si tratta di short stories (e di alcuni trattamenti per l’industria hollywoodiana) pubblicate singolarmente, negli anni Trenta, da diverse riviste e testate. Sorta di compendio di quanto scritto nei comunque ben più compiuti “Grande Gatsby” e “Di qua dal paradiso”, e sorta di prova generale per “Tenera è la notte”, illustrano perfettamente, con le storie di giovani uomini e giovani donne che parlano e pensano una lingua nuova per l’epoca, la nascita di un comune sentire senza censure, senza limitazioni, un comune sentire che fa risultare normale discutere apertamente e senza falsi pudori di matrimonio, di amore, di sessualità, ma anche di sanatori e cliniche psichiatriche, le stesse strutture che ospiteranno Zelda nell’ultima parte della sua vita e della guerra civile ritenuta momento fondante della storia americana, delle montagne del North Carolina, che l’autore frequentò a lungo e l’amatissima NewYork, una NewYork, quasi periferica e pertanto tanto più vera; e c’è anche il mondo del cinema, un mondo scintillante ma non immune alle malinconie che si scontra con il lento incedere dell’America dei diseredati, degli hobos senza speranza, i poveri tra i poveri resi sempre più poveri dalla Grande depressione.
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