All’estremo limite

Tempo d’estate. E con l’estate torna la voglia di classici. E quale miglior occasione della nuova edizione del 2017 di QuodLibet, con la bella traduzione di Gianni Celati, pubblicata per la prima volta, per riprendere questo “All’estremo limite” (scritto da Joseph Conrad nel 1902) che cronologicamente segue di soli 3 anni quello considerato unanimamente il suo capolavoro (quel “Cuore di tenebra” che tanto ha riempito di sé la cultura, e la controcultura, degli anni ottanta)? Conrad, che meglio e più di chiunque altri ha cantato l’epopea dell’epoca coloniale morente, ha, in questo estremo limite, racchiusa la gran parte della propria poetica. La narrazione prende il via dall’ultimo viaggio come comandante del capitano Whalley e i mari sono i Mari del Sud, il sole è quello cocente dei Tropici, e il vapore che si sprigiona in tutto il libro è quello che sale in coperta dalle macchine obsolete e superate del Sofala, un piroscafo “… considerato troppo piccolo e non sufficientemente moderno per il tipo di traffici in cui era impegnato …”. Una narrazione che rappresenta anche, e forte, quel sentimento di sfiducia totale nel discernimento dei propri simili che gli fa pensare che “ … tutto considerato, gli uomini non erano cattivi – erano soltanto stupidi e infelici …”.

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