Quei container nella piazza deturpata

Gentile Direttore, Le scrivo rifacendomi all’articolo sul cosiddetto Guasto Village dello scorso 19 luglio in cui l’estensore dello stesso riportava accuratamente la situazione venutasi a creare con l’allestimento e la messa in opera dei container/bistrot. Naturalmente, l’articolista, e Lei nemmeno, poteva sapere che la sera stessa il previsto concerto dei Téte de Bois, organizzato dal Teatro Comunale nell’ambito della rassegna Comunale Music Village previsto in Piazza Verdi, non si sarebbe potuto tenere e sarebbe stato spostato all’interno del Teatro Comunale stesso. Il motivo? La mancanza di alcuni permessi delle Belle Arti riguardanti la torre di illuminotecnica che sovrastava il palco (per questo sì che esistevano i relativi permessi) perché la domanda e la documentazione della stessa era arrivata con “soli” 3 giorni lavorativi di preavviso. Il problema, di pura lana caprina come Lei capirà, riguarda sì le strettoie burocratiche in cui gli amministratori ed i privati che con loro si trovano a dover interagire, si devono dibattere. Ma riguarda (o dovrebbe riguardare) anche, se non più, un problema di coesistenza tra strutture moderne e palazzi storici; un problema che riguarda il “bello” dunque, il concetto di “bello” quantomeno, con tutti i problemi che la definizione del termine comporta.

Ora, notizia di stamattina, domenica, la stampa cittadina riporta un concetto espresso dall’assessore Lepore in cui non solo prevede il procrastinarsi a tempo indeterminato dell’esperienza “container” in piazza Verdi, ma anzi ne auspica la riconversione in altri luoghi della città a partire da piazza San Francesco (un altro dei gangli vitali della movida serale).

La domanda che sorge spontanea è: come potranno, secondo i canoni così spesso invocati come filologici dalla stessa Sovrintendenza, coesistere i container con la piazza già così violentemente deturpata dai nuovi (ed anonimi) arredi urbani che lungi dal riqualificarla l’hanno solamente equiparata ad uno di quei non-luoghi così cari a Gianni Celati?

La ringrazio del tempo che ha voluto perdere a leggermi e La ringrazio caramente per l’esperienza che, quotidianamente, Lei e i Suoi collaboratori Vi ingegnate di farci vivere.

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