Un "nuovo" Simenon per la gioia dei lettori

Mi sia permesso ringraziare la prolissità di Simenon che permette di leggere, sempre, alta, altissima, letteratura.

E’ il caso, appena arrivato in libreria, di questo “La casa dei Krull”, ennesimo capitolo del Simenon post (e pre) Maigret.

Siamo, come spesso, alla “periferia dell’impero”. Com’è lontana Parigi da questa chiusa su questo canale sul quale scorrono lente le giornate e le chiatte che trasportano carbone  e merci varie. Come sono lontani la vita, il mondo, dalla casa dei Krull, una casa al margine estremo del paese, che sorge sulla banchina “… larga e fiancheggiata da tre o quattro filari di alberi, disseminata di panchine, travi, legname da costruzione e mattoni scaricati dalle chiatte …”, una casa in cui prima di tutto “… arriva l’odore, un misto di catrame norvegese, quello che si applica sulle chiatte, di cordame, di spezie, con la nota dominante degli alcolici che vengono serviti su un angolo del bancone zincato …”.

Ma se la geografia dei Krull è lontana, anzi lontanissima, da quella della cittadina, altrettanto, se non ancor più, come lontani sono i Krull dal resto degli abitanti della cittadina, loro che, benché naturalizzati, restano gli stranieri, i diversi (nel loro emporio non viene a servirsi la gente del luogo, ma solo le mogli dei marinai che percorrono il canale a bordo delle chiatte). Così, quando nei pressi della chiusa viene ripescato il cadavere di una ragazza, la tensione e l’avversione latenti monteranno in aperta ostilità che ben presto degenererà a sua volta in odio e violenza verso la famiglia tedesca, una minoranza che rappresenta un perfetto capo espiatorio. E non aiuterà, a stemperare le tensioni, la presenza di Hans, il Krull tedesco appena arrivato (che non porta mai il cappello il che accentua la sua aria disinvolta e porta camicie morbide con il colletto aperto, un  modo di vestire che ha una particolare rilassatezza che fa risaltare la legnosità di Joseph) con il suo buonumore sconosciuto in quella casa e una leggerezza fisica e morale intollerabile agli altri stessi Krull (il capostipite Cornelius, il cestaio con il viso e la barba di legno, zia Maria di cui si ricorda solo la capigliatura grigia, l’ingenua cugina Liesbeth dal lungo naso appuntito, la cugina maggiore Anna che ha già l’aspetto solido e coriaceo della madre e porta una guaina che le conferisce la rigidità di una vecchia credenza ed infine, e soprattutto, il cugino Joseph, alterego perfetto di Hans, che “… tra quindici giorni presenterà la tesi sullo pneumotorace bilaterale …” e che è "… così noioso, tutto compreso com’è dalla solennità della vita …").

Un’atmosfera, e una storia, prettamente francesi, la Francia della provincia, quella della campagna e quella dei canali, quella delle chiatte e quella dei ponti.

Una Francia che non può non far pensare, per il dipinto da associare, al “Pont di Langlois” di VanGogh.

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