Quel che resta dello zucchero italiano: poco ma buono...

Nel 2006, poco più di 10 anni fa, l'Italia vantava 19 stabilimenti saccariferi, 233mila ettari coltivati a barbabietola, 1,4 milioni di tonnellate di zucchero prodotto, pari al 17% della produzione continentale e al 75% del fabbisogno nazionale. Lo scorso anno gli stabilimenti saccariferi italiani attivi sono stati due: Minerbio (Bo) e Pontelongo (Pd), entrambi della cooperativa di agricoltori Coprob. La produzione di zucchero è stata di  circa 300.000 tonnellate, quasi l'80% in meno del 2006, cosa che ha comportato un parallelo aumento delle importazioni dall'estero, visto che il consumo nazionale e' stabilmente attestato su 1 milione e 700 mila tonnellate annue. Cosa ha determinato questa vera e propria debacle dello zucchero nazionale? Due concause: una riforma europea del 2005 finalizzata a ridurre l'eccessiva produzione continentale non esportabile e una dissennata spinta dell'allora Ministro dell'Agricoltura Gianni Alemanno allo smantellamento dell'industria saccarifera italiana in cambio dei milioni della UE per gli industriali rinunciatari e di una vaga promessa di riconversione degli zuccherifici dismessi in nuove attivita' produttive. Il risultato e' stato doppiamente fallimentare: le riconversioni, nella maggioranza dei casi, non si sono viste e lo zucchero italiano è diventato una rarità, mentre i paesi europei che prima della riforma producevano in eccesso rispetto ai fabbisogni, continuano a farlo, come prima e più di prima. Nel frattempo il prezzo mondiale dello zucchero e' risalito, rendendo la produzione ovunque conveniente, e una realtà come la Coprob di Minerbio, italiana al 100%, che non si è mai voluta accodare alla corsa allo smantellamento e ha continuato ad investire sulla innovazione di comparto, ha visto in poco tempo incrementare del 50% la sua produttività media e, grazie alla cura e qualità delle barbabietole coltivate e del processo di trasformazione, accreditarsi come fornitrice privilegiata dei più rinomati marchi del Made in Italy dolciario nel mondo. Una bella soddisfazione per i testardi agricoltori-bieticoltori cooperativi che non si sono lasciati ammaliare dal canto di improbabili sirene ed una conferma: non sempre seguire la corrente porta lontano.

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