ALL EU NEED IS LOVE

Stamattina a Londra c’era un bel sol,  e io neanche ci volevo andare alla marcia Unite For Europe. Quante cose si possono fare in una citta’ ricca di parchi bellissimi in una giornata di sole?

Vogliono uscire, che escano! E ricordategli di tirarsi dietro la porta. Io oramai la penso cosi. Non ne posso piu’ di  questo senso di superiorita’ che trapela  da ogni frase detta o scritta dai sostenitori della Brexit.  “We are British, sono loro che hanno bisogni di noi”, questo ripetono continuamente. Ed è su questa speranza,  o illusione spacciata per certezza da chi ha la responsabilità del governo,  che fondano tutte le  aspettative per la trattativa che si aprirà a giorni.

I cittadini Europei che risiedono qui potrebbero non avere piu’ il diritto di restarci? Pazienza,  dico io, andremo a pagare le nostre tasse altrove. Se la EU tiene ferma la sua posizione e chiarisce con i fatti che “si, sarebbe meglio trovare un accordo” ma che “no, poi non e’ che siate così indispensabili”, voglio vedere come ne esce questo geniaccio di Theresa May senza perdere quella faccia da Crudelia Demon che si ritrova! Che io neanche come vicina di casa la vorrei.

Gli inglesi importano milioni di  lavoratori europei, spesso giovani e specializzati. Esportano centinaia di migliaia di pensionati che vanno a invecchiare in Spagna o in Francia. I primi producono e usano poco o niente il servizio sanitario nazionale, per esempio.  I secondi prendono il sole e vanno dal medico tutte le settimane.  Sarebbe interessante fare i conti su chi costa di più a chi, ma lasciamo stare.

I miei amici hanno insistito, dicevo, e io alla fine alla marcia ci sono andato.  “Ci vediamo domattina alle dieci e mezza a Marble Arch” mi ha detto Martin salutandomi venerdì sera. “E mettiti un maglione blu”,  si è raccomandato.  Martin è un mio amico Inglese. E’ gay, ha 63 anni ed è sposato con il suo compagno spagnolo. Vivono e lavorano a Londra. Ci resteranno solo se potranno.  Tutti insieme eravamo un gruppo di otto. Sei Inglesi, un Italiano e uno Spagnolo. Tra i sei una coppia Inglese, sono pensionati e risiedono in Francia da anni.  Camminando mi hanno  detto  “Molti di noi sono andati  via perché scappavano da qualcosa. E’ per questo che l’idea di essere costretti a ritornare da dove ce ne siamo andati ci lascia “petrified”.

Io una manifestazione cosi’ British non l’avevo mai vista. Il programma diceva “comincia alle undici”. E alle undici precise e’ suonata una campana, e via è cominciata per davvero!  Boh, incredibile. Un corteo composto, ma mica triste. Ordinato. Un corteo educato, ecco! Coppie di poliziotti gentili in divisa ordinaria con il nome bene in vista sul petto  ad accompagnare  i manifestanti e assisterli al bisogno.  Nessuna presenza organizzata. Niente partiti, associazioni o sindacati. In altri tempi il Labour avrebbe fatto la parte del leone, adesso nulla. E vedrete che scoppola prenderà alle prossime elezioni. Ognuno per se’ con il suo cartello fatto in casa. Tanti giovani Inglesi ed Europei, identici in tutto e per tutto ai loro coatenei di tutto il mondo occidentale.  Tanti anziani Inglesi, chiaramente persone colte, curati, benestanti. Patrioti. E infatti sono  preoccupati per la tenuta della Gran Bretagna. Hanno il timore che la Scozia diparta, che scelga l’ Europa. “Ricchi e del Sud” direbbe  il mio amico Donald, lui che vive nel Nord povero, lui che  ha votato la  Brexit e che è  il solo a cui ho concesso di restare ancora amico mio. Gli altri affanculo! Lui dice che Londra e il Sud sono tutta un’altra storia.

Io la palma per il miglior cartello la darei  a una signora di mezza eta’  che camminava sola sola   e  marciava come un fante. L’unico momento di esitazione lo ha avuto a White Hall quando due ragazzi, quasi dirimpettai di Theresa May , dal balcone spalancato hanno sparato a palla “All you need is love”. You a EU in inglese suonano quasi uguale.  La marciatrice solitaria si e’ fermata un momento,   ha alzato gli occhi e ha sorriso.   Sul suo cartello  aveva scritto  “I AM QUITE CROSS” (Sono  piuttosto arrabbiata).

La quintessenza della Inglesitudine.

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