La forza di un modello visivo

Oggi vogliamo portarvi a spasso tra alcune opere d’arte. Non per bighellonare senza meta, attività peraltro gradevole, ma per cercare qualcosa di preciso: vogliamo  inseguire un modello anzi quello che uno dei massimi iconologi del Novecento, Aby Warburg, chiamava un pathosformel, un’immagine che ritorna nel tempo in maniera sempre uguale o comunque molto simile, portando con se’ la stessa intensità di senso che viene riconosciuto e capito.

Ve la voglio dire tutta, noi seguiremo un braccio. Avete letto bene, un braccio. Non uno qualsiasi ma un braccio che porti con se’ il senso implicito di languore, mancanza di forze,  abbandono mortale.

L’argomento è complesso, ricco di spunti e di esempi e  ne tratteremo solo alcuni, quelli che forse nella memoria di ognuno sono impressi con la forza della consuetudine visiva.

[caption id="attachment_4175" align="alignleft" width="150"] La Pietà, Michelangelo[/caption]

Cominciamo dall’artista che trasformò l’arte del Cinquecento e di tutto l’Occidente. È stato Michelangelo, a scolpire nel 1497-1499, il gruppo con la Pietà che si trova nella cattedrale di San Pietro dove il braccio del Cristo scivola dal grembo della giovane Vergine e sigla con la sua linea morbida e sinuosa il sentimento della compassione, della pietas sacra. L’indice della mano è impigliato nel panneggio della veste di Maria, frenando la corsa del braccio verso terra, aggiunge senso di tenera naturalezza ad un gruppo scultoreo che impressiona per potenza espressiva.

[caption id="attachment_4176" align="alignright" width="150"] Compianto, Dürer[/caption]

Nel 1511, il nostro braccio ricompare grazie a Dürer, in un’incisione della serie della Piccola Passione; nell’intensità del Compianto, riconosciamo il braccio morbidamente abbandonato, che ci fa capire immediatamente che la vita ha lasciato il corpo del Cristo. Anche le linee crude della xilografia non riescono a mitigare il senso di abbandono dolente, di trapasso.

[caption id="attachment_4177" align="alignleft" width="150"] Deposizione dalla Croce, Raffaello[/caption]

Nel 1511 Raffaello Sanzio per la sua Deposizione dalla Croce realizza una composizione più dinamica dove attorno alla figura di cera del Cristo accadono molte cose: Maria sviene assistita dalle pie donne che sono costrette a torsioni innaturali per sostenerne il corpo, la Maddalena accorre con le chiome bionde al vento, Pietro volge il viso con aria trucemente dolorosa e Giovanni Battista china il capo, giungendo le mani. I due personaggi che trasportano il cadavere tendono i muscoli e fanno fatica ma al centro di tutto eccolo il nostro braccio che torna.

Chi abbandona la compostezza della Pietà di Michelangelo e il misurato dolore di Dürer è Caravaggio che nel 1604 circa, mette in scena un dramma teatrale in piena regola: il corpo di

[caption id="attachment_4178" align="alignright" width="150"] Compianto su Cristo morto, Caravaggio[/caption]

Cristo è investito da una lama di luce violenta, quasi un faro appoggiato su un palcoscenico, la stessa luce rivela i corpi tozzi delle figure maschili che reggono il Cristo e dietro di loro il rassegnato volto invecchiato della Vergine e il gesto plateale di una delle pie donne che racconta il suo dolore con l’ostentazione di una prefica greca. Quello che cattura l’attenzione per primo è il braccio flesso e abbandonato del Cristo, che sfiora con le dita la pietra sepolcrale davanti alla quale una pianta ricresce, quasi a prefigurare come tutto nel ciclo della vita,  risorge e ricomincia.

[caption id="attachment_4179" align="alignleft" width="150"] Pala dei Mendicanti, Guido Reni[/caption]

Pochi anni separano il dipinto di Caravaggio dalla monumentale pala dei Mendicanti di Guido Reni, dipinta nel 1616. Tre livelli separati si ricongiungono nella stessa opera: a terra la città di Bologna, nella zona mediana i santi protettori della città e infine, in alto, su un drappo, la scena della Pietà come s’intende comunemente con il corpo del Cristo vegliato solo dalla madre. Ed eccolo lì il nostro braccio che descrive una pigra curva prima di appoggiarsi con la mano, delicatamente, alle pieghe del sudario.

Adesso facciamo un salto nel tempo e nello spazio ed arriviamo fino a Parigi, nel 1793, quando Marat, giornalista e deputato della Convenzione post rivoluzionaria, viene ucciso da Carlotta Corday. Marat venne assassinato nella vasca da bagno, dove egli

[caption id="attachment_4180" align="alignright" width="150"] Morte di Marat, Jacques Louis David[/caption]

si trovava per trovare sollievo ad una fastidiosa malattia della pelle, ed è qui che il pittore e amico Jacques Louis David, lo raffigura. L’eroe rivoluzionario è appena morto e David riprende il pathosformel del braccio abbandonato per fare del giornalista e uomo politico quasi un santo moderno, un Cristo immolato alla causa rivoluzionaria.

Finisce qui la nostra breve carrellata alla ricerca di un modello, un punctum visivo che tocca le nostre corde più intime e riesce, da solo, a costruire una storia, a darci il senso di quanto non può essere espresso a parole.

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