Periodo di grande fermento al Teatro Comunale di Bologna.

La Fondazione lirica di Largo Respighi, infatti, sta vivendo il momento di più grande difficoltà nella sua più che bicentenaria storia. Entro la fine del mese dovrà infatti essere risolto il “nodo” dei cosiddetti esuberi che riguardavano inizialmente una trentina di lavoratori tra amministrativi (e cioè quelli che mandano avanti la complessa macchina burocratica/amministrativa) e tecnici (e tra questi, lo ricordiamo, macchinisti elettricisti attrezzisti sarti e calzolai teatrali dalle altissime specifiche professionalità).

Ma mentre tale scadenza si avvicina, è sul piano squisitamente artistico che, in questi giorni, il Teatro fa parlare di sé.

Sono appena terminate, infatti, le riprese di un film sceneggiato e diretto da Paolo Fiore Angelini sulla sua storia, sul suo essere, intimamente ed indissolubilmente, legato a doppio filo alla storia della città stessa.

Partendo da questi presupposti, un po’ di storia si rende necessaria.

Il 14 maggio del 1763 1.500 persone, in una città che ne contava appena 7o.000, parteciparono all’inaugurazione del Teatro Comunale realizzato dall’architetto Antonio Galli Bibiena con la rappresentazione de Il trionfo di Clelia, opera lirica scritta per l’occasione da Christoph Willibald Gluck su libretto di Pietro Metastasio. Negli anni, il Teatro Comunale si è affermato come crocevia centrale del mondo della lirica italiana, primo Teatro dell’opera ad essere edificato con denaro pubblico, primo in Italia a rappresentare l’opera di Wagner, ha accolto nel corso della sua esistenza artisti di fama mondiale come Verdi e Toscanini, Herbert Von Karajan e Claudio Abbado, Tito Schipa e Mirella Freni, Robert Wilson, Liliana Cavani e Werner Herzog. Un luogo, si capirà, che è impossibile raccontare senza affrontare tutta la sua complessità. Complessità che assume in sé sia l’aspetto drammaturgico dell’interpretazione musicale e vocale, ma anche quello fisico di chi al teatro offre il proprio corpo e tempo, nessuno escluso: interpreti, musicisti, scenografi, macchinisti, figuranti, artisti, tecnici, amministrativi, maestranze, uscieri, “… che nel ventre della macchina-teatro si muovono, anch’essi agiti da un vissuto personale, intimamente legato al loro essere qui ed ora …”.

Ma un teatro dedicato alla musica, lo si capirà, vive soprattutto per questo: la musica.

E così, in attesa dell’inaugurazione della Stagione Lirica di questa sera (è infatti stata scongiurata l’ipotesi di uno sciopero che avrebbe dovuto bloccare la soirée per tentare di sensibilizzare il pubblico sul problema esuberi) con “Il ratto dal serraglio” di Mozart, singspiel in tre atti coprodotto dallo stesso Teatro Comunale di Bologna insieme all’ Aix en Provence Festival e al Musikfest Bremen con la direzione musicale di Nikolaj Znaider, un allestimento che promette già di far parlare di sé, non fosse altro per l’ambientazione che il regista Martin Kušej ha trasposta ai giorni nostri e che prevede l’insistita rappresentazione scenica di turbanti, passamontagna neri, kalashnikov, teste mozzate e iconografia da contemporaneo macello terrorista sul quale comunque torneremo per raccontare le impressioni della première, lo scorso venerdì 13 gennaio al Teatro Manzoni c’è stata l’inaugurazione della Stagione Sinfonica (una stagione che alternerà i propri concerti tra l’Auditorium Manzoni stesso e la Sala Bibiena di via Zamboni)  con un concerto, bello e complesso che ha suscitato forti emozioni e che ha riscosso un notevole successo, affidato alla bacchetta del direttore musicale Michele Mariotti che ha diretto musiche di Franz Schubert e di Anton Bruckner.
Del viennese, Mariotti ha proposto la “Messa N. 6 in mi bemolle maggiore D 950”, un brano che costituisce una riflessione sulla spiritualità e che ha visto impegnato anche il Coro della Fondazione di piazza Verdi (preparato come di consueto da Andrea Faidutti) e un quintetto vocale composto dal soprano Alessandra Marianelli, dal mezzosoprano Raffaella Lupinacci, dai tenori Alessandro Luciano e Anicio Zorzi Giustiniani e dal basso Michele Pertusi.
Di Bruckner, invece, è stata eseguita la “Sinfonia N. 1 in do minore”, nello specifico la versione composta tra il 1865 e il 1866 ed eseguita per la prima volta nel 1868 a Linz, con il compositore sul podio.

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