La Poesia? E’ negli occhi tuoi.

Le norme del Vaticano sulla scottante questione della cremazione”.


Ho dato una scorsa al Times, e  ho scorto questa perla di inglesitudine annegata tra le notizie sulla Brexit.  Un bollettino quotidiano che oramai rifuggo. Cerco riparo nei giornali italiani e vengo travolto dalla piena referendaria. Un’altra ondata di baggianate. Troppe per le mie esili spalle.  O mori di cancaro o mori di pesta, mi diceva Muraca MariaFrancesca  mia nonna, classe 1900 e dispari, quando non si sentiva abbastanza generosa per concedermi una via d’uscita.


“Tra la vita e la morte avrei scelto l’America” cantava De Gregori. E oggi faro’ cosi’: vi raccontero’ una storia americana che peò ho scoperto  nel Northumberland. L’ho tenuta nel cassetto per anni, ma è tempo di raccontarla prima che sia troppo tardi. Oggi vi racconterò di una soprano stonata che mori di sifilide e di malinconia.


Ero andato a conoscere Jimmy, amico del mio amico Donald Mcintosh Scott.  Jimmy è un signore molto anziano sposato con il suo compagno Einar. Vivono a Morpeth  in un vecchio mulino sul fiume Wansbeck che ha la cattiva abitudine di entragli in casa quando gli inverni sono più piovosi del solito. Cioè un anno si e un anno no. Jimmy ed Einar dividono la casa con un fantasma. Ogni vecchia casa Inglese ne ha uno. Giurano di averlo visto, e anche più di una volta. Sembra che il fantasma del mulino di Morpeth ami sedersi in cima all’armadio. Perché poi?


Jimmy lavorava come inserviente in un ospedale psichiatrico. Era addetto a fare il bagno e lo shampoo  alle malate più anziane. Una decina.  Nei primi anni 60 vide al cinema “Che fine ha fatto Baby Jane”. S’invaghì di Bette Davis.  Se ne innamorò a tal punto che dopo averle lavate cominciò ad acconciare le “ragazze” che curava  come Bette Davis nel film. Ogni sabato nel manicomio di Morpeth un drappello di Bette Davis faceva colazione tutte insieme.


E fu mentre prendevo il te insieme a Jimmy, Einar e Donald McIntosh Scott che sentii lei per la prima volta. Dapprima mi venne in mente un coyote ammaestrato che abbaiava  “Queen of the night” alla luna. Un cane prodigio? Chiesi stupito. E invece no. Avevo appena conosciuto una cantante  con la  voce più fascinosamente insopportabile che voi possiate immaginare. Avevo scoperto  Florence Foster Jenkins, la peggiore soprano di tutti i tempi. Florence incise un disco, uno solo. A distanza di 70 anni quel disco vende ancora. Io stesso ne ho una copia che comprai a Bologna appena tornai in Italia.  Non sono mai andato oltre la prima canzone,  ma fa lo stesso: Florence ha la stoffa della diva.


Florence Foster Jenkins era figlia di un uomo ricco. Un americano che amava la musica e che pagava volentieri un maestro di canto che insegnasse alla sua bambina. A quei tempi studiare canto era parte importante  dell’educazione per una giovinetta americana di buona famiglia. Ma quando Florence cominciò a manifestare l’intenzione di esibirsi in pubblico il padre disse che no, mai. Glielo proibì. Anzi sospese anche le lezioni per prevenire ogni aspettativa.  Florence ne soffrì, ma amava il padre.....  Il padre morì, lei sposò un uomo ricchissimo. E anche  lui le  fece promettere che mai e poi mai si sarebbe esibita in pubblico. Dopo qualche anno morì anche lui.


Dal marito Florence Foster Jenkins ereditò una fortuna. Di quel matrimonio le restarono tanti soldi e la sifilide che le aveva trasmesso il marito. Epperò era libera. Libera! Avrebbe finalmente potuto fare quello che gli uomini della sua vita le avevano impedito! Cantare. Si trasferì in un Hotel e cominciò la sua carriera di Soprano accompagnata dal pianista Cosme Mc Moon.


Io, lo sapete,  sono un minatore. E anche fortunato.  Di seguito vi riporto la testimonianza che il mio amico Nicholas Pappas, un architetto oggi  novantenne di  Richmond, Virginia, ha scritto per me nel 2011.


“My first partner, N. Reid Price, had seen FFJ at the Washington Club, a private women's club, in Washington, DC, in the 1940's during WWII, probably 1943.  He was in the Navy at the time and stationed in Washington in the Chaplain section.  He was not a priest but an organist and choirmaster who played for the church services in the Navy.  I will tell you what he told me about his experience as best as I can recall.


All tickets, recordings, etc., cost $2.50, a price she had set.  There were no advertisements for a concert, only word of mouth yet the hall was filled and with maximum standing room. His friend the Chaplain had heard about it and had secured the tickets.  People tried not to laugh and some had to go out in the lobby to laugh.  For one of the songs she sang she came out holding a basket of flowers and threw them out to the audience as she sang. There was much applause and calls for an encore but before she would sing again she sent Cosme McMoon out to the audience to gather up the flowers so she could do the number and toss the flowers again.  She also sang a song wearing an angel costume.  I do not know if it was a matinee or evening event but suspect that it was in the afternoon.  Some time after the concert they found out that she was staying at The Mayflower Hotel, just a couple of blocks away.  They went there and rang her room to thank her for her performance.  She appreciated that very much and insisted on coming down to the lobby to treat them to some ice cream.  He said she was absolutely charming and seemed to think that she gave a lovely performance and that people appreciated her talent but it was hard to tell if she REALLY felt that way.  He seemed to think she did but she did not act odd in any way, just a charming old lady  After they were finished she kissed each on the cheek and thanked them for their service to the country.  They were in uniform, of course.


Reid had some of her recordings, 78 rpm, that he bought in the lobby after the concert, for $2.50 each!  We used to play them and had lots of fun playing them for guests with a straight face.  I do not know what happened to them.  They were lost after his death but we had split up long before that.”


Florence cominciò a cantare in luoghi protetti, non aperti la pubblico. Le persone ridevano di nascosto ma  applaudivano, applaudivano tanto,  lei si convinse che il suo fosse un successo autentico. Era giunto il momento di fare un vero concerto vero,  aperto al pubblico e alla critica: prenotò Carnegie Hall!


Cantò. Incredulità, risate, umiliazione. La critica la stroncò, e lei capì, comprese la verità. Sei mesi più tardi morì di dispiacere.


La Poesia? E’ negli occhi tuoi.

Commenti