Cronache Mondane: il tempo delle angurie

Da bambini semplifichiamo la realtà in dicotomie:  buoni e  cattivi, guardie e ladri, indiani e cow boy, è troppo faticoso ripercorrere la complessità della realtà ed accettarla, ci accontentiamo di una sintesi anche se approssimativa.


Le sfumature di grigio appartengono forse alla letteratura per soli adulti, poiché anche nella maturità prevale, a volte, una lettura manichea dei nostri gusti rispetto a quelli degli altri.


Certe piccole idiosincrasie si manifestano nel quotidiano e ci portano a dividere il mondo in due.


In particolare trovo interessante la distinzione che ho sentito fare al telefono da una canuta signora seduta in un bus cittadino ad una misteriosa interlocutrice.


La tesi della signora, gridata a gran voce, era che le persone si possano agevolmente suddividere in due tipologie antropologiche: quelli che amano le angurie e quelli che le detestano.


Inutile nascondervi che la signora disprezzava gli amanti dell’anguria e a sostegno della fazione opposta adduceva ragioni di sorprendente evidenza.


Il peso medio di questo delizioso frutto è attorno ai 5 kg, pertanto l’organizzazione della logistica in caso di anziana sofferente di artrosi (ma non solo evidentemente) puo’ essere a rischio della vita e la signora riportava casi di conoscenti morti in seguito al trasporto manuale con dovizia di particolari.


Nel racconto si era premurata di aggiungere i pericoli derivanti dall’uso di coltelli affilati per permetterne la suddivisione in fette da offrire agli ospiti, tipicamente in piatti di carta dal diametro assolutamente insufficiente ad ospitarne la forma di ingombrante mezza luna (e non solo in senso figurato).


Non aveva poi taciuto le insidie delle migliaia di semi, a volte nascosti a tradimento come ordigni in un campo minato, la cui espulsione costringe a gestualità scomode se non imbarazzanti.


Come se non bastasse la carica zuccherina e la natura succosa di questa cucurbitacea male si concilia con una gestione attenta della raccolta differenziata attirando insetti in cerca di nettari estivi.


Ancora peggio l’alternativa al consumo domestico, la signora riportava infatti di insidiosi tardi pomeriggi trascorsi ai bordi di statali trafficate e rumorose su sudici tavoli in formica a consumare fette di anguria in surreali scenari da film post-atomico.


Infine il discorso è caduto ahimè su un tema di forte attualità: l’ambiguità di genere. Il dubbio, forse un po’ puritano, era orientato a  indagare se si potesse dire il cocomero o la cocomera.


Purtroppo la signora è scesa prima che il dibattito si potesse concludere, a noi non rimane che decidere, come sempre, da che parte stare…

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